Bruxelles – Si tratta per il momento di una timida apertura, ma dal G20 appena concluso ad Hangzhou in Cina, l’Unione europea porta a casa almeno un primo passo avanti sulla possibile riduzione della produzione di acciaio cinese. Una questione che sta particolarmente a cuore al vecchio continente per cui l’inondazione dell’acciaio cinese a basso costo (secondo i dati della Commissione l’export di acciaio inox dalla Cina all’Ue è cresciuto del 70% dal 2010) hanno significato per il comparto in Europa un deciso calo della produzione, dell’occupazione, con circa 10mila posti di lavoro persi, e degli investimenti.
Il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker si è mostrato agguerrito sul tema fin dall’arrivo in Cina. “Questo summit deve urgentemente trovare una soluzione al problema che sta affrontando l’industria dell’acciaio”, ha dichiarato prima della riunione, dicendosi determinato a “difendere gli interessi dell’industria europea dell’acciaio e i suoi lavoratori”. Il capo dell’esecutivo comunitario ha chiamato direttamente in causa i padroni di casa cinesi: “È cruciale che la Cina accetti di stabilire un meccanismo per monitorare l’eccesso di produzione nel settore dell’acciaio e le sue cause”, ha insistito Juncker ricordando: “Abbiamo discusso il tema all’ultimo summit Ue-Cina a luglio e abbiamo concordato su un gruppo di lavoro bilaterale”. Una gestione “credibile” della sovrapproduzione di acciaio, ha avvertito Juncker, sarà “un caso test” in vista del trattamento della Cina nelle inchieste anti-dumping e antisovvenzioni.
Se quella trovata sia una soluzione che l’Ue ritiene credibile resta da vedere, ma segna almeno una prima apertura in materia da parte di Pechino, che mostra di volersi impegnare a ridurre l’export di acciaio pur senza che siano stati fissati tetti di riferimento. Sotto pressione diplomatica dell’Ue e degli Stati Uniti, la Cina ha dato il suo benestare all’inclusione del tema nel comunicato finale stilato dai leader dei 20 Paesi più industrializzati che stabilisce di dare vita ad un Forum globale, sotto il controllo dell’Ocse, per monitorare la sovrapproduzione di acciaio. Il meccanismo non riguarda specificamente Pechino, che nelle conclusioni nemmeno viene citata. Si riconosce piuttosto che l’eccesso di produzione di acciaio è “un tema globale che richiede una risposta complessiva” visto che “ha causato un impatto negativo sul commercio e sui lavoratori”. L’impegno dei venti è a “rafforzare la comunicazione e la cooperazione e a compiere passi efficaci” come “accrescere la condivisione delle informazioni e la cooperazione attraverso un Forum globale sulla sovrapproduzione di acciaio, che sarà facilitato dall’Ocse con la partecipazione attiva dei membri del G20 e membri dell’Ocse interessati”. Un primo report sulla situazione sarà diffuso nel 2017. Non è forse il massimo che l’Europa poteva ottenere ma almeno i cinesi si impegnano ad iniziare a gestire il problema su scala globale insieme a tutti gli altri.