Bruxelles – Sono 300 i funzionari britannici che in questo momento lavorano al programma per la Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
Lo ha spiegato ieri Davi Davies, il segretario di Stato responsabile dell’Uscita dall’Ue, parlando alla Camera dei Comuni. Al momento 180 funzionari sono in patria e 120 a Bruxelles. Davies ha spiato che il suo lavoro è “restituire al parlamento del Regno unito il controllo sulle leggi del paese, sulle sue frontiere e sui suoi soldi”. Il suo discorso è stato però molto criticato da vari esponenti dell’opposizione, che lo hanno accusato di essere generico e senza proposte precise.
Davies ha spiegato che Londra lavorerà per avere accesso al mercato unico, anche se il governo a questo fine non ritiene necessario essere membro a pieno titolo. Il segretario di Stato ha garantito che in questo negoziato si cercherà di raggiungere un “consenso nazionale” e che ci sarà un’ampia consultazione con le parti interessate e le imprese in tutti i settori dell’economia.
Il centro della questione restano i limiti all’immigrazione dall’Unione europea, per i quali però ancora non ci sono idee chiare su che tipo di proposte avanzare a Bruxelles, dove, in realtà, non c’è molto da proporre visto che, stando alle dichiarazioni di questi mesi, tutti i leader ribadiscono che nessuna limitazione può essere prevista alle quattro libertà necessarie beneficiare del mercato interno, tra le quali c’è la libera circolazione dei cittadini dell’Ue.
Davis ha poi espresso l’auspicio di poter condurre parallelamente i negoziati di uscita, che richiederanno “almeno due anni” con quelli delle relazioni post-Brexit, altra cosa che, al momento, sembra esclusa a Bruxelles, poiché finché Londra non sarà ufficialmente fuori sarà dentro l’Unione e dunque deve perfezionare l’uscita e chiarire la natura dei suoi rapporti prima di stabilire le nuove relazioni.