Dalla nostra inviata
Amatrice – “Il terremoto non uccide, uccidono piuttosto le opere dell’uomo”. Lo ha detto il vescovo di Rieti Domenico Pompili, diffidando dall’individuare in Dio il “capro espiatorio”, durante i funerali solenni con cui Amatrice e Accumoli hanno salutato i loro morti ieri pomeriggio.
I due paesi della Regione Lazio, colpiti dal terremoto dello scorso 24 agosto portano sulle spalle il peso più pesante di questo sisma: 242 vittime, delle 292 in totale, finora accertate solo nei due comuni.
Una pioggia battente e continua ha accompagnato gli otto minuti della lettura dei 242 nomi. “Per me era il macellaio, chi faceva il miele, il fornaio, era la bambina che andava a scuola con i figli miei e con i figli vostri”, ha ricordato il Sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi. Qualche ora prima, intorno alle 3 del pomeriggio, il sole aveva già abbandonato il piccolo borgo di Amatrice, proprio mentre le prime bare iniziavano ad essere portate a spalla dai volontari e disposte in fila. Tra i 28 feretri che giacevano a terra anche due più piccoli, bianchi. La pioggia, ha accompagnato tutta la cerimonia, iniziata alle 6 del pomeriggio sotto due grandi tendoni che hanno accolto circa tremila persone.
Come nei funerali solenni di sabato 27 agosto con cui la città di Ascoli Piceno ha detto addio ai morti della Regione Marche, nei due comuni di Arquata e Pescara del Tronto, anche ieri erano presenti il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il premier Matteo Renzi, entrambi chiusi nel silenzio del lutto nazionale.
Alle parole del vescovo di Rieti sulla responsabilità umana nelle calamità naturali sono seguite le parole del presidente del Senato Pietro Grasso. “L’uomo deve anche ricostruire. L’importante è non far mancare l’attenzione e non spegnere i riflettori, e ha aggiunto, Io mi impegno a venire tra tre o quattro settimane e poi ripetutamente, perché questo non deve essere un momento di dolore passeggero, bisogna asciugarsi le lacrime e ricominciare a ricostruire”.
Che bisogna andare oltre il dolore, ne è convinto anche il Sindaco di Amatrice che a poche ore dal sisma aveva detto: “Il paese non c’è più”. Pirozzi ha lanciato un messaggio di speranza e resistenza a una comunità in cui ogni famiglia è stata colpita a morte: “Questo è stato un grande paese in cui la Protezione Civile, i Vigili del fuoco e i volontari, miei concittadini, con la morte nel cuore, hanno soccorso altre persone, ha detto il Sindaco, Questa è la parte buona dell’Italia, una grande nazione nell’emergenza che deve esserlo anche nella fase della ricostruzione, tenendo conto che questa gente è morta perché amava questa terra e vuole restare qui”.