Bruxelles – Bar Sport riapre i battenti, ma non è più quello di una volta. I vecchi volti si sono mescolati a facce nuove: da casa squisitamente genoana, a ritrovo granata e sede romanista. E pure i colori, i cori, l’atmosfera non sono più quelli di una volta. Ora tutto si mischia, tutto si sovrappone. The Public House, ovvero “la casa pubblica”: un nome una garanzia, per questo luogo davvero singolare. E non solo perché pub inglese nel cuore di Bruxelles, capitale di un regno a forte tradizione di malti e luppoli, o perchè Firat – il titolare (e non poteva essere diversamente, parlando di sport) – impone la lingua inglese al posto del francese, ma perché circolo di tre tifoserie diverse contemporaneamente, dove per novanta minuti si rifà anche l’unità di Italia, o almeno una parte di essa. L’uomo primitivo non conosceva il bar. L’uomo contemporaneo invece il bar lo conosce eccome. Il pub non è che la sua evoluzione. Non ci sono più i biliardini, come una volta, non ci sono più nemmeno i flipper. Al massimo nei pub si trovano videopoker, quando ci sono. E non c’è più il telefono. Quello, poi, suona ancor più preistorico nel periodo tecnologico. I telefoni entrano portabili portati nelle tasche dei tanti tifosi. Ogni apparecchio è sintonizzato sul sito internet che dà gli aggiornamenti in tempo reale delle altre partite: perché il tifoso vero con un occhio guarda lo schermo che proietta la partita della propria squadra del cuore, con l’altro occhio osserva quello che fanno gli altri, specie i rivali.
Bar Sport riapre i battenti. All’ingresso il Genoa, nello spazio di mezzo il Toro, in fondo la maggica. E fra un mondo e l’altro si snodano le tante storie da bar, o almeno le tante storie da bar sport. “Vuoi vede’ che questo ci segna contro anche stavolta?”, lamenta il romanista preoccupato per l’ex di turno che già più di una volta ha fatto il suo dovere di attaccante e che il destino, sotto veste di calcio-mercato, gli ha rimesso di fronte. “Stiamo perdendo contro il Crotone…”, constata incredulo il tifoso genoano, un occhio lucido per la maglia storica indosso, carica di vecchie glorie sempre più vecchie, e un occhio lucido al risultato impresso sullo schermo. “GOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOL”, urlano i tifosi del Torino, impazziti per una serata che richiama alla mente antichi fasti. Il bar sport, nei novanta minuti più recupero, racconta tante di queste storie. Sempre mutevoli (come lo sono i punteggi, sempre variabili fino al fischio finale), sempre discutibili (come lo sono i rigori dati o negati), sempre diverse (perché diversi sono i colori della maglie, e gli obiettivi delle diverse squadre). Una per ogni momento della partita, e se si considera che le partite sono tre, moltiplicate per tre ogni cosa.
Almeno per quest’anno, per l’intera stagione sportiva, a place de Londre il Public House ospiterà Genoa, Torino e Roma. Poi forse la Roma si trasferità altrove, ma se “rigore è quando arbitro fischia”, allo stesso modo “sede club è quando avere sede tutta per sé”. Insomma, si vedrà. Fino a quel momento tutti potranno entrare. O meglio, proprio tutti tutti no. Juventini non se ne vogliono, su questo genoani, romanisti e torinisti hanno stretto un’alleanza di ferro e stretto un gemellaggio a tre come mai visto in uno stadio. Ma del resto non siamo allo stadio, anche se il clima lo ricorda. Poi ciascuno ha implicitamente imposto il proprio divieto: laziali dove vi sono romanisti? O doriani accanto ai tavoli dei genoani? Public House sì, ma a tutto c’è un limite.
P.S: per dovere di cronaca, per completezza dell’informazione, e perché i lettori vorranno sapere i finali di queste prime storie, va detto che alla fine l’ex di turno ha segnato un’altra volta contro la Roma, che ha poi pareggiato 2-2 dopo essere stata in vantaggio 2-0; i tifosi genoani si sono rifatti con il secondo tempo, andando a vincere in rimonta (1-3 il finale per il Grifone); i tifosi del Toro hanno continuato con le loro grida, a fronte di un 5-1 finale.