Roma – Già a Ventotene, tanto Angela Merkel quanto Matteo Renzi e François Hollande avevano tenuto a sottolinearlo: i grandi Stati Ue hanno in questa fase una responsabilità particolare, ma non spetta a loro soli lavorare per un solido futuro dell’Ue a ventisette che nascerà dal dopo Brexit. Detto fatto: a soli due giorni dall’incontro italiano, la cancelliera tedesca si è messa in moto per coinvolgere nel processo tutta l’Europa dell’Est, quella da cui arrivano più perplessità e reticenze a proseguire il processo di integrazione. Obiettivo: smorzare le tensioni esistenti e arrivare al summit a ventisette del prossimo 16 settembre a Bratislava nello spirito di maggiore cooperazione possibile.
“Questa è una fase di ascolto, di comprensione e di apprendimento gli uni dagli altri così che possiamo davvero capirci e sviluppare un nuovo equilibrio con l’Unione europea a 27”, ha chiarito Merkel nel corso della prima tappa del suo tour, a Tallin in Estonia, dove ha incontrato il giovane premier Taavi Roivas. “Se si sbaglia dall’inizio e non si ascolta e si agisce tanto per agire, allora si possono fare molti errori”, ha messo in guardia Merkel, anticipando che anche il prossimo summit di Bratislava sarà dedicato più a mettere a punto un’agenda per il futuro che a prendere decisioni concrete.
Sempre nell’ottica di un percorso attentamente ragionato, la cancelliera ha aperto anche alla possibilità di non mettere fretta a Londra. Gli Stati Ue, ha ricordato, hanno tanto da discutere da “poter concedere alla Gran Bretagna il tempo che questa vorrà per decidere che tipo di rapporto vuole con l’Ue”. Merkel ha comunque ribadito che “fino a che la Gran Bretagna non ha presentato la sua notifica, non possiamo rispondere su che tipo di relazioni immaginiamo”. Per Berlino, insomma, questa è una fase da guardare “con grande calma”, ma durante la quale “i ventisette vogliono proseguire il progetto europeo”.
Perché questo sia possibile ci sono da appianare differenze, in alcuni casi tutt’altro che trascurabili. Il problema non è tanto con il governo estone, che a Merkel ha chiesto soprattutto rassicurazioni sul fronte del contenimento della Russia: “L’impegno della Germania e la sua presenza nella nostra regione sono essenziali per noi”, ha sottolineato Roivas chiedendo che l’Europa non dimentichi l’Ucraina e mantenga un approccio comune in tema di sanzioni nei confronti di Mosca. “L’escalation di azioni militari nell’est dell’Ucraina e le provocazioni in Crimea indicano che, purtroppo, la Russia non è pronta a risolvere il conflitto con mezzi pacifici e fino a che la Russia non onora gli accordi di Minsk non si può parlare di eliminare le sanzioni”, ha insistito il premier.
Molto più duro si preannuncia il compito di Merkel nei prossimi giorni. Domani la cancelliera incontrerà Bohuslav Sobotka, premier della Repubblica Ceca, e venerdì gli altri rappresentanti del gruppo di Visegrad: lo slovacco Robert Fico, l’ungherese Viktor Orban e la polacca Beata Szydlo. Il lavoro diplomatico qui verterà obbligatoriamente sull’ammorbidire la posizione dei quattro verso un approccio comune sul tema immigrazione. Risultato affatto scontato, visto che Budapest ha già messo in calendario per il prossimo 2 ottobre un referendum per dire no al programma di relocation europeo. Ci sarà anche da tentare di smorzare le tensioni con Varsavia, che resta nel mirino della Commissione Ue per le violazioni allo Stato di diritto e che pare tutt’altro che aperta a cedere altra sovranità a Bruxelles. Entro sabato Merkel incontrerà anche il primo ministro svedese, Stefan Löfven, il danese, Lars Løkke Rasmussen, l’olandese Mark Rutte, il finlandese, Juha Sipilä, il bulgaro, Boyko Borisov, lo sloveno, Miro Cerar, l’austriaco, Christian Kern e il croato, Tim Oreskovic.