Roma – Di sicuro le sfide sono molte, ma altrettanto certo è che l’Europa non è finita con la Brexit. Anzi, l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea può essere la sveglia di cui il continente aveva bisogno per riscoprirsi più coeso, più forte sulla sicurezza, più pronto a collaborare in fatto di difesa, più attento ai giovani e alla crescita economica. O almeno, di questo, sono convinti il premier italiano, Matteo Renzi, la cancelliera tedesca, Angela Merkel e il presidente francese, François Hollande che si sono ritrovati in Italia per un mini-vertice ad elevato tasso simbolico. Il luogo scelto non è casuale, i tre si salutano e incontrano la stampa sul ponte della Garibaldi, la portaerei che guida la missione europea Sofia contro il traffico di migranti in arrivo dalla Libia, che per l’occasione è stata ancorata al largo di Ventotene, proprio là dove 75 anni fa, Altiero Spinelli e compagni riuscirono a dare vita al sogno europeo mentre l’Europa era nel momento di peggiore lacerazione. Insomma, se ci si poteva credere allora, perché smettere di farlo per l’abbandono di uno degli Stati membri?
“Molti pensavano che dopo la Brexit l’Europa fosse finita, non è così, noi rispettiamo la scelta dei cittadini britannici ma abbiamo voglia di scrivere una pagina di futuro”, assicura Matteo Renzi, secondo cui “è molto facile in questo tempo lamentarsi, fare polemiche e trovare colpevoli ed alibi, fare dell’Europa il capro espiatorio”, così come fanno i populisti per cui l’Ue “è la causa di tutti i mali”. Ma così non è, insiste il premier, “l’Europa è invece la soluzione ai problemi del nostro tempo. E’ la più grande opportunità per le nuove generazioni”, e per questo che “non ci facciamo scoraggiare da quanto è accaduto nel Regno Unito, né dalle difficoltà che accadono quotidianamente”. Certo non può restare tutto così com’è. E allora la ricetta di Renzi passa da alcune “priorità assolute” che sono “sicurezza interna, sicurezza esterna, lotta per una difesa comune, collaborazione tra i servizi di intelligence, migliore integrazione delle industrie nazionali della difesa e da un progetto di comunità europea della sicurezza”. Non si possono però tralasciare le questioni economiche, visto che, soprattutto dopo la Brexit, “c’è bisogno di misure forti per rilanciare la crescita e per combattere la disoccupazione giovanile”. Servono “investimenti che siano investimenti di qualità accompagnati da riforme strutturali”, senza dimenticare di “investire nella manifattura 4.0, nelle energie rinnovabili e agenda digitale, innovazioni che il nostro continente chiede e auspica”. Terzo pilastro della strategia proposta dall’Italia sono poi i giovani, su cui il governo ha deciso di lanciare un progetto simbolico: sull’isola di Santo Stefano, nel cui carcere, ricorda Renzi, sono stati rinchiusi tra gli altri Sandro Pertini e Umberto Terracini, si è deciso di dare vita ad un campus universitario dove “le 99 celle diventeranno 99 camere per programmi settimanali di formazione delle nuove elite di giovani europei”. Un progetto per cui ” l’Italia ha liberato 80 milioni di euro”, spiega il premier.
Per il presidente francese, la risposta alla Brexit, di cui si continuerà a discutere a ventisette nel corso del vertice di Bratislava il prossimo 16 settembre, deve passare soprattutto per sicurezza e rilancio dell’economia: “Perché l’Europa sia voluta dai popoli deve rispondere allo stesso tempo a esigenza di sicurezza e prosperità”, sottolinea Hollande. Sul primo versante la Francia chiede, a fronte di un enorme problema terrorismo, maggiore cooperazione: “Vogliamo sia fatto di più”, insiste il presidente francese secondo cui servono “coordinamento in materia di lotta al terrorismo e controlli all’interno dello spazio Schengen per fare si che i nostri file possano essere usati da tutti e siano controllate di più le comunicazioni criptate che vengono utilizzate da un certo numero di siti e operatori per la propaganda jihadista e la radicalizzazione”. La seconda dimensione del rilancio europeo è quella economica: “La Brexit crea incertezza e che c’è stato nel primo trimestre un rallentamento della crescita”, ammette Hollande secondo cui ora però “dobbiamo eliminare per quanto possibile tutte le incertezze e dare un impulso supplementare” all’economia. Per questo “il piano junker è un buon riferimento e deve essere non solo prolungato e ampliato ma occorre anche moltiplicare gli investimenti privati e pubblici con finanziamenti appropriati su digitale, nuove tecnologie e transizione energetica”.
Sulle questioni economiche si sente chiamata direttamente in causa la cancelliera tedesca che, senza ricevere alcun sollecito, tiene ad aprire spiragli sulla flessibilità: “Il patto di stabilità ha molte possibilità di flessibilità”, dice, assicurando: “Vogliamo che l’Italia, la Francia e la Germania possano crescere, in modo da creare posti di lavoro e questo significa creare delle condizioni affinché gli investimenti privati abbiano un futuro”. Merkel loda anche l’impulso impresso da Matteo Renzi alle riforme in Italia, a partire dal Jobs Act che “non può dare risultati nel giro di quattro settimane ma è un buon binario, una buona decisione per un’Italia che abbia successo su cui – assicura – lo appoggio pienamente”. Anche Berlino concorda poi sulla necessità di maggiore cooperazione in tema di “sicurezza interna ed esterna”. Anche secondo la cancelliera occorre: “migliorare gli scambi tra i servizi di intelligence e tutta la raccolta di informazioni sul territorio” nonché “di fronte ai tanti profughi che arrivano, migliorare il meccanismo di protezione delle frontiere”. Su questo la cancelliera si dice convinta che “la cooperazione con la Turchia sia buona altrimenti non riusciremmo a vincere la lotta contro gli scafisti”. Insomma “dobbiamo garantire alla gente un’Europa sicura e vivere i valori dell’Europa”, continua Merkel che precisa: “Rispettiamo la decisione del Regno Unito ma gli altri 27 devono puntare su un’Europa che sia sicura e prospera”.
Se questo non si riuscisse a fare, avverte Hollande, “il rischio è grande ed è quello della frammentazione, dell’egoismo, del ripiegamento”. Per questo i tre leader hanno sentito la necessità, dopo Berlino, di riunirsi di nuovo in formato ridotto: “La riunione non punta a decidere per conto degli altri ma a farci assumere responsabilità che sono nostre: siamo i grandi Paesi dell’Ue – ricorda – e dobbiamo impegnarci di più per portare l’Europa verso un avvenire che possa essere di unità e coesione”.