C’era una volta Dallas, con il “cattivo” J.R. Ewing pronto a qualunque cedimento morale per soddisfare la sua ingordigia di soldi e potere. Erano gli anni Ottanta, quelli dell’edonismo reaganiano, e il serial televisivo fu poi interpretato come una rappresentazione della voglia di arricchirsi che attraversava la società americana dopo il decennio della depressione economica e dell’umiliazione politica e militare della sconfitta in Vietnam. Oggi gli americani vogliono buttarsi alle spalle l’incubo della grande recessione e vedono nei politici e nei burocrati di Washington i principali responsabili di un’economia che al massimo promette di tirare a campare per la maggioranza dei cittadini, con Wall Street che viaggia ai massimi di sempre e Main Street che fa fatica ad arrivare a fine mese. E’ un sentimento diffuso, cavalcato sia da Donald Trump che da Bernie Sanders nella lunghissima stagione elettorale che si sta avvicinando al traguardo. Che sia anche un sentimento abbastanza maggioritario da mandare The Donald alla Casa Bianca lo sapremo solo l’8 novembre. Ma intanto possiamo chiederci: cosa ci raccontano oggi della pancia dell’America i serial televisivi più seguiti?
Proviamo a cercare una risposta cominciando dal numero uno degli ascolti: NCIS. In Europa si riesce a vedere soprattutto sulle tv satellitari, in USA fu lanciato nel 2003 da CBS e oggi è un franchise diffuso su tutti i principali emittenti. NCIS vuol dire Naval Criminal Investigative Service e racconta le imprese della squadra di agenti speciali guidati da Leroy Jethro Gibbs, interpretato dal californiano Mark Harmon, occhi di ghiaccio, capelli grigio-platino, sorriso beffardo, cecchino infallibile, una specie di John Wayne con una spruzzata di Clint Eastwood. Gibbs e la sua squadra sono i buoni, perseguono tutti i crimini che hanno a che fare con la Marina e i Marines, ma ogni scusa è buona per andare a caccia di cattivi in tutto il mondo. Sono basati a Washington, per far capire che nella capitale non c’è solo il marcio. Il successo della serie è stato tale che negli anni sono stati lanciati due cloni: NCIS Los Angeles e NCIS New Orleans. Questi sono i buoni. E i cattivi? Il catttivo numero uno è la CIA, sullo sfondo, poco nominato, ma l’anima nera di tutti gli intrighi, autoreferenziale e indifferente agli interessi veri della nazione. Poi ovviamente ci sono i cattivi tradizionali, trafficanti di armi e di droga, interni e esterni, a cominciare da talebani e simili, ma i Sauditi non si vedono mai. Spesso i terroristi islamici sono pasticcioni e sprovveduti, mentre gli altri cattivi di sempre, i russi, sono efficienti e spietati, e qualche volta ci si può anche andare d’accordo. Come i Sauditi, anche i Cinesi non si vedono mai. Un altro quasi cattivo è il Mossad, il servizio segreto isrealiano, che somiglia un po’ alla CIA. Bisogna per forza collaborarci, al punto che per diversi cicli della serie Gibbs assume tra i suoi una sua agente, Ziva David.
Se NCIS è il più visto, Law & Order è il più longevo. Lanciato su NBC alla fine degli anni 90, nelle diverse versioni è arrivato a mille ore di trasmissione. Quella preferita dal pubblico è Law & Order Special Victims Unit, una squadra di detective di New York che indaga su crimini sessuali e sui minori, particolarmente odiosi. I cattivi sono ovviamente i depravati, rappresentati come il male assoluto, il diavolo sulla terra, capaci di qualunque efferatezza. La popolarità di queste serie è tale che, quando i ricercatori della Washington State University hanno dovuto condurre un’indagine sull’interiorizzazione da parte degli studenti maschi dei college della necessità di ottenere un consenso esplicito a rapporti sessuali da parte delle studentesse, hanno classificato il campione sulla base dei serial più seguiti in tv. E hanno scoperto che gli spettatori di Law & Order erano più consapevoli della necessità di avere il consenso esplicito rispetto a quelli appassionati di NCIS o CSI. Anche quest’ultimo è un altro serial poliziesco molto longevo, data dal 2000, declinato in tre grandi città: New York, Las Vegas e Miami. Qui i cattivi non sono criminali sessuali ma organizzazioni criminali (quelle latino-americane sono le più efferate) o assassini insospettabili motivati da desiderio di vendetta o brama di soldi. A metà strada tra Law & Order e CSI c’è Criminal Minds, dove gli eroi sono i profiler dell’FBI che volano su un Gulfstream da un capo all’altro degli States per inchiodare serial killer di ogni tipo.
E poi c’è il bersaglio grosso, direttamente la politica, messa in scena sia in versione drammatica – come in The House of Cards o in Boss, la storia del sindaco di Chicago Tom Kane che non vuol uscire di scena nonostante sia divorato dalla demenza dovuta a una malattia neurovegetativa – ma anche satirica, nel caso di Veep. La vice presidente incompetente, nota appunto come Veep, Selina Meyer che riesce poi a diventare presidente, è arrivata alla quinta stagione tra gli applausi della critica e sull’onda dell’aggiudicazione di ben cinque Primetime Emmy Award consecutivi. La Washington di Veep è un bordello di intrighi e coltellate nella schiena dove nessuno dei peggiori stereotipi femminili manca all’appello. Il grottesco vince sul dramma, al contrario di House of Cards, che tuttavia ha in comune con Veep l’inadeguatezza delle donne al potere, a cominciare dalla First Lady Claire Underwood che si sopravvaluta solo per farsi infinocchiare dal presidente russo Petrov/Putin. Ma entrambe possono anche essere viste, e molte donne in America le vedono, come eroine che riescono a farsi valere in un mondo dominato dai maschi, con le buone o con le cattive.
A cavallo tra il poliziesco e il politico c’è The Blacklist, dove il super-criminale globale Raymond “Red” Reddington diventa aiutante dell’FBI per scoperchiare (senza mai dimenticare il proprio tornaconto) congiure e complotti di ogni tipo, con sullo sfondo una Washington verminaio di intrighi e collusioni con ogni tipo di crimine organizzato e non.
La cosa su cui vale la pena di soffermarsi è il linguaggio. Agli eroi positivi come Gibbs e compagni degli altri serial polizieschi non sfugge mai, neanche per sbaglio, una parolaccia. In linea con la regola aurea dei media americani, anche quelli su Internet, la cui pruderie è leggendaria. Anche il turpiloquio più innocuo e largamente diffuso nel linguaggio comune viene nascosto da ***. Nei serial politici, sia quelli drammatici che quelli satirici, il turpiloquio più sfrenato è la regola. Nella Washington di House of Cards o di Veep come nella Chicago di Boss, ma anche nei serial ambientati a Wall Street come Billions, si parla lo stesso linguaggio dei serial italiani Gomorra e Romanzo Criminale. Se possibile peggio. Termini non scrivibili se non con *** sui media tradizionali, come motherfucker, un modo un po’ pesante di dire figlio di puttana, vengono declamati come se fosse Shakespeare. A questo punto c’è da chiedersi: chi è davvero l’eroe positivo? Quello perfetto, inarrivabile sia fisicamente che moralmente, a cui non sfugge una parolaccia neanche per sbaglio, come l’agente speciale Gibbs? O quello cinico e sprezzante di ogni regola, ma che parla il linguaggio di tutti i giorni, e anche peggio, come la Veep Selina Meyer o Frank Underwood? E in ogni caso, somiglia di più a Hillary Clinton o a Donald Trump?