Bruxelles – Dopo 8 mesi senza governo, ieri in Spagna si è arrivati al punto di svolta. O forse no. Il premier uscente Mariano Rajoy, del partito popolare, ha accettato l’incarico di Re Felipe VI di formare un nuovo esecutivo, ma la situazione si prospetta complessa e di non facile soluzione: dopo le elezioni di dicembre 2015 i partiti non sono riusciti a raggiungere l’accordo necessario alla formazione del nuovo governo, obbligando a ripetere il voto nel giugno 2016. Ora tutti i leader politici sostengono di voler evitare una terza tornata elettorale, ma i numeri di Rajoy non sono sufficienti per ottenere la fiducia del Congresso dei deputati e costringono ad un governo di coalizione.
Alle ultime elezioni il partito popolare ha conquistato 137 seggi su 350, e gli unici partiti che non hanno già annunciato un voto contrario alla fiducia sono Ciudadanos (32 seggi) e Coalicion Canaria (1 seggio), i quali hanno dichiarato di optare per l’astensione. “Ho spiegato al re che al momento non avevo gli appoggi necessari, ma ho accettato. Da domani tenterò di ottenerli”, ha affermato Rajoy. Il leader del Pp ha ribadito che non ci sono alternative ad un esecutivo guidato dal sul partito, anche se “non tutto dipende da me”. Il leader del Partito socialista operaio spagnolo, Pedro Sanchez, ha chiarito che non appoggerà il Pp: “Vogliamo cambiare il governo di Rajoy e questo è il motivo per cui voteremo ‘no’ in un voto di fiducia”. Al gruppo si è unito il partito Podemos che ha dichiarato, anche dopo i colloqui con il Re, di volersi opporre a Rajoy.
Senza il sostegno dei socialisti sarà molto difficile per il leader del Pp raggiungere la maggioranza necessaria per un secondo mandato. Rajoy ha ipotizzato la possibilità di un governo di minoranza, anche se in questo caso sarebbe necessaria l’astensione dei socialisti dal voto di fiducia. Questa soluzione però porterebbe a significativi rallentamenti nel processo legislativo, dovendo negoziare ogni disegno di legge per ottenere il sostegno sufficiente alla sua approvazione.