Bruxelles – Alla vigilia della Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani (30 luglio), Save The Children pubblica il dossier “Piccoli schiavi invisibili” che fotografa una situazione inquietante in Italia, soprattutto per i minori non accompagnati che sono le principali vittime dello sfruttamento. Il nostro è uno dei Paesi in cui gli arrivi dei minorenni, nei primi sei mesi del 2016, sono raddoppiati: da 4.410 dell’anno scorso, a 10.524 di quest’anno. Fra di loro, le prime a cadere nella rete dei trafficanti di vite umane sono le ragazze nigeriane, rumene, o dell’Est Europa. Ancora adolescenti, vengono costrette a prostituirsi in strada o in luoghi chiusi.
I numeri, occorre precisarlo, descrivono solo in parte quello che è il quadro complessivo della tratta. Molti lati rimangono oscuri, sommersi. E il numero di casi registrati fino ad ora potrebbe quindi essere di molto inferiore a quello reale. Le stime parlano di un totale di 200 mila minori vittime di schiavitù nel mondo. Solo in Europa, questi sarebbero 15.846.
Il business più redditizio, per la tratta, è quello della prostituzione. Secondo le indagini, le ragazze nigeriane vengono adescate da una rete ben congegnata che si basa sul passaparola di vicini di casa, sorelle maggiori già arrivate in Italia, conoscenti, persino compagne di scuola. Molte, invece, vengono individuate durante il viaggio, nelle varie tappe, e arrivano in Italia già schiave. Per le rumene è diverso. Per persuaderle a partire, i loro “fidanzati”, che sono anche i loro protettori, promettono alle ragazze un buon lavoro (come cameriere o bariste, di solito). Una volta arrivate in Italia, vengono invece costrette a prostituirsi o a lavorare nel settore agricolo, dove spesso sono forzate ad avere rapporti sessuali con gli sfruttatori.
In Italia, oltre alle giovanissime migranti, a cadere più facilmente nelle mani dei trafficanti sono i minori egiziani, bengalesi e albanesi (12.5% sul totale). Vengono sfruttati nel mercato dl lavoro in nero, sono costretti a fornire prestazioni sessuali o a spacciare droga e commettere crimini. Non solo. Nel nostro Paese i trafficanti intercettano anche i ragazzi “in transito” – in gran parte eritrei e somali – che, senza protezione o punti di riferimento, una volta sbarcati sulle nostre coste fuggono dai centri d’accoglienza nella speranza di raggiungere il Nord Europa. Durante i loro spostamenti diventano prede facili, in un’Italia dove la tratta di persone costituisce la terza fonte di reddito per le organizzazioni criminali (la superano solo traffico d’armi e droga). E dove i programmi di protezione ospitano poco più di mille persone (1.125), di cui il 7% sono minorenni. Per questo, Raffaella Milano, direttrice dei programmi Italia Europa di Save The Children, considera “indispensabile che l’Europa attivi subito la procedura della relocation, almeno per i minori soli e più vulnerabili: è indispensabile garantire ai ragazzi che devono raggiungere familiari in altri Paesi europei un percorso legale e protetto”.
Proteggere i giovani migranti significa toglierli dalla rete degli “offender”, cioè degli sfruttatori. E per la prima volta, il dossier è riuscito a tracciare un loro profilo, anche se molto vario. Chi sfrutta può essere un singolo, o un’intera organizzazione criminale con cellule in tutta Europa. I singoli sembrano i più attivi nello sfruttamento della prostituzione, soprattutto per le ragazze dell’Est di cui spesso sono parenti. Sempre sul passaparola familiare si basano le reti informali sfruttate dai trafficanti di minori egiziani. La famiglia si indebita per far arrivare i ragazzi in Europa, e una volta a destinazione, spetta al giovane saldare. Di tutto si occupano intermediari o scafisti. Le organizzazioni criminali si basano su un altro sistema: non la riscossione di un debito, ma il guadagno sulla pelle dei più deboli. L’esempio più eclatante è quello dei boss nigeriani che, con l’aiuto delle mafie locali, gestiscono spaccio e traffico di droga sfruttando i più deboli.