Bruxelles – Il Parlamento europeo prende posizione contro il fenomeno del prelievo forzato di organi in Cina che fino ad oggi, secondo recenti stime, ha causato la morte di 1,5 milioni di persone. Le vittime sono i cosiddetti “prigionieri di coscienza”: attivisti, oppositori politici o membri di minoranze religiose che sono stati imprigionati per ragioni di “coscienza”.
413 eurodeputati (più della metà dell’Aula), tra cui 59 dei 73 eurodeputati italiani, hanno firmato una dichiarazione scritta, chiedono che venga fatta un’immediata indagine indipendente sul fenomeno. La dichiarazione invita la Commissione europea e il Consiglio europeo ad attuare la risoluzione del Parlamento del 12 dicembre 2013 con cui il Parlamento aveva già preso posizione contro il prelievo di organi in Cina.
A riaccendere i riflettori sul fenomeno è stato un recente rapporto investigativo, dello scorso 22 giugno, di tre attivisti americani per i diritti umani David Matas, David Kilgour e Ethan Gutmann. Dallo studio emerge che ogni anno in Cina vengono effettuati dai 60mila ai 100mila trapianti di organi, mentre pubblicamente il governo di Pechino dichiara di realizzarne circa 10mila all’anno. Qualche giorno prima, il 13 giugno, anche il Congresso statunitense con la Risoluzione 343 aveva condannato unanimemente la pratica.
Il prelievo forzato di organi dai prigionieri di coscienza in Cina è un fenomeno ancora poco conosciuto dall’opinione internazionale ma che, come ha ribadito anche la dichiarazione del Parlamento, riguarda uiguri, tibetani, cristiani, e soprattutto i praticanti della minoranza religiosa del Falun Gong (o Falun Dafa), un’antica pratica cinese della tradizione buddista diffusa in Cina fin dal 1999. Non è la prima volta che la comunità del Falun Gong è sotto attacco. Secondo l’Associazione Italiana Falun Dafa fin dall’inizio della sua presenza in Cina “l’allora leader del Partito Comunista Cinese ha scatenato nei suoi confronti una brutale persecuzione, che perdura ancora oggi”.