Bruxelles – Tre mesi per rimettersi in regola con il rispetto dello Stato di diritto o la possibilità di sanzioni diventerà sempre più concreta. La Commissione europea lancia un ultimatum a Varsavia visto che, nonostante mesi di dialoghi serrati, la soluzione alla questione aperta dagli interventi del nuovo governo conservatore polacco sul Tribunale costituzionale del Paese, sembra ancora lontanissima. Così l’esecutivo comunitario ha deciso di aprire una nuova fase della procedura sullo stato di diritto aperta a gennaio, quando si è deciso di fare ricorso ad uno strumento che, nato nel 2014, non era però mai stato utilizzato prima. La Commissione ha adottato una raccomandazione che elenca, punto per punto, come Varsavia dovrebbe affrontare le preoccupazioni delineate in questi mesi e concede al Paese tre mesi di tempo per mettere in atto le misure necessarie. Se anche questa volta non dovesse arrivare la risposta sperata, allora si potrebbe fare ricorso a quella che, dal punto di vista politico, è considerata come l’arma “atomica”, e cioè la procedura prevista dall’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea, che può portare fino alla sospensione del diritto di voto del Paese in Consiglio. Questa può essere lanciata dalla Commissione, da un terzo degli Stati membri o dal Parlamento europeo.
“Nonostante il dialogo sia proseguito con le autorità polacche fin dall’inizio dell’anno, la Commissione considera che le questioni principali che minacciano lo stato di diritto in Polonia non siano state risolte”, ha spiegato il vice-presidente della Commissione europea, Frans Timmermans, sottolineando la necessità di restaurare il normale funzionamento del Tribunale costituzionale e l’indipendenza del sistema giudiziario. A nulla, dunque, è valsa l’opinione emessa dalla Commissione lo scorso 1 giugno, nemmeno la nuova legge sul tribunale costituzionale adottata in luglio dal Parlamento polacco per tentare di placare le tensioni con Bruxelles. Secondo l’esecutivo Ue, in Polonia persiste una “minaccia sistematica” allo stato di diritto che compromette “l’integrità, la stabilità e il corretto funzionamento” del Tribunale costituzionale che è “una delle salvaguardie essenziali dello Stato di diritto in Polonia”.
In pratica, la Commissione chiede che la Polonia rispetti e metta in atto appieno i giudizi emessi dal Tribunale costituzionale lo scorso 3 e 9 dicembre, quelli che stabiliscono che i tre giudici nominati dal precedente governo poco prima della fine della legislatura prendano regolarmente servizio, mentre i tre nominati dal nuovo governo senza valide basi legali non possono diventare giudici senza essere regolarmente eletti. Secondo l’esecutivo Ue, è poi importante che Varsavia assicuri, in futuro, la pubblicazione e messa in atto di tutti i giudizi del tribunale costituzionale. Questo, insiste Bruxelles, non deve infatti dipendere da una decisione dell’esecutivo o del potere legislativo. In futuro, chiede la Commissione Ue, il governo polacco deve assicurare anche che ogni riforma della legge sul Tribunale costituzionale rispetti i giudizi del tribunale stesso e le raccomandazioni della Commissione di Venezia e garantisca che l’efficace funzionamento del tribunale costituzionale come garante della Costituzione non sia messo a rischio. Il Tribunale, secondo Bruxelles, dovrebbe anche potere rivedere la compatibilità alla legge della nuova legge adottata dal Parlamento polacco a luglio prima che questa entri in vigore e il giudizio in materia dovrebbe essere pubblicato e applicato.
Nei prossimi tre mesi, la Commissione si dice pronta a continuare un dialogo costruttivo con Varsavia, ma ribadisce che le azioni richieste devono essere prese con urgenza. Pena il possibile lancio dell’articolo 7.