Bruxelles – Una zona grigia, dove manca equilibrio. L’Unione Europea si presenta così dal punto di vista delle leggi sulle droghe leggere e, in particolare, sull’uso, la coltivazione e il possesso di cannabis. C’è chi ha reso tutto questo legale, pur stabilendo dei limiti, come l’Olanda, e chi invece ha depenalizzato solo alcuni aspetti. Ma nella maggior parte dei casi, gli Stati membri applicano leggi severe e l’uso della sostanza rimane illegale.
Le tre convenzioni delle Nazioni Unite sulla droga – a cui l’Ue aderisce – autorizzano l’uso di stupefacenti unicamente per scopi medici o scientifici. La convenzione del 1988 considera reato la “detenzione per uso personale”. Ai Paesi firmatari viene quindi chiesto di disciplinare la detenzione di stupefacenti, ma rimangono di fatto liberi sulle linee politiche da adottare. Viene proprio da qui la varietà di sistemi pensati nell’Ue.
In Italia, il 25 luglio, potrebbe essere il giorno dell’avvio del cambiamento con la proposta che arriva alla Camera (qui il testo completo) per rivoluzionare il sistema che regola l’uso della cannabis nel Paese da quasi trent’anni. Perché, in Italia, l’attuale normativa sulla marijuana, risale al 1990, cioè alla legge Jervolino-Vassalli, del governo Andreotti. La legge aveva poi subito delle modifiche nel 2006, con la Fini-Giovanardi, bocciata dalla Corte costituzionale nel 2014. Per il sottosegretario agli Esteri, Benedetto della Vedova, è arrivato il momento di cambiare le regole pensate durante quella che era ancora la Prima Repubblica. Per lui che lavora al progetto da tempo, nel 2016, serve introdurre un sistema di depenalizzazione per chi coltiva, detiene e consuma marijuana. Così, con l’appoggio di 221 deputati, e una mediazione fra i testi di riforma già presentati in Parlamento, Della Vedova ha pensato a un nuovo sistema. Qui i principali cambiamenti previsti
Il voto però slitta a settembre, dato l’alto numero di emendamenti presentato dalle forze politiche. Ha detto a questo proposito il capogruppo Pd in commissione Giustizia, Walter Verini: “Credo che non sia sbagliato che si faccia un dibattito aperto in Aula fin da oggi, dove emergerà la trasversalità delle posizioni all’interno dei partiti con opinioni opposte su testo che non consente al momento di trovare alcuna sintesi. Ci sono 2.000 emendamenti presentati i gran parte da chi si oppone in modo radicale al ddl e questo ha costretto la commissione a dire: discutiamo in aula ma non c’è tempo per i pareri e rinviamo l’esame delle proposte di modifica a settembre”.