Bruxelles – L’ultimo rapporto dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) mette un drappo nero sul Mediterraneo. Dall’inizio dell’anno, fino al 20 luglio, sono morte 2.977 persone tra le 242.179 persone tra donne, bambini e uomini che hanno provato ad arrivare via mare in Europa fino ad oggi. Ben 56% di morti in più rispetto ai primi 7 mesi dell’anno scorso, di cui circa 2.500 in soli 4 mesi, con una media di 20 morti al giorno. Lo scorso anno fino al 30 luglio 2015 avevano perso la vita 1.906 persone nel tentativo di arrivare alle coste italiane e greche.
E i dati del rapporto sono incompleti, visto che il tragico conteggio è purtroppo in continua evoluzione: mancano all’appello i migranti morti nelle ultime 48 ore e le 21 donne e un uomo senza vita che giovedì 21 luglio erano stati inghiottiti dalle acque e poi recuperati al largo delle coste libiche da una nave di Medici senza Frontiere.
Nello stesso giorno altre 842 persone sbarcavano sulle coste italiane. Lo ha ricordato il portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni di Roma, Flavio Di Giacomo, spiegando che a bordo c’era anche un cadavere. “Sabato 23 luglio è previsto l’arrivo di un’imbarcazione in Calabria con a bordo 18 corpi senza vita”, ha aggiunto, “non sappiamo cosa sia successo né come siano morti”.
Considerando anche i cadaveri che stanno per arrivare in Italia, salgono quindi a 2996 le persone la cui tomba giace nel cimitero più profondo d’Europa. Quest’anno, quindi, si raggiungerà i 3 mila morti molto prima che negli ultimi due anni. Secondo una ricerca della stessa organizzazione, chiamata “Missing Migrants Project”, la soglia delle 3 mila persone morte è stata superata il 21 settembre nel 2014 e il 15 ottobre nel 2015.
Gli arrivi, come i decessi, nei primi 7 mesi del 2016 sono stati tantissimi. Secondo le stime ufficiali del ministero dell’Interno fino al 21 luglio sono arrivate in Italia 84.052 persone, quasi le stesse che erano giunte in totale l’anno scorso.
La rotta del Mediterraneo si conferma essere una di quelle più rischiose. Nonostante ciò, i viaggiatori della speranza non vogliono abbandonarla e, dopo due anni da quando viene utilizzata come principale strada verso l’Europa, neppure il rafforzamento dei controlli nelle acque della Libia è riuscito a fermare migranti e rifugiati.