E per fortuna che Erdogan ha annunciato che è pronto a sostenere la reintroduzione della pena di morte (che lui stesso aveva abolito nel 2004). Altrimenti l’Europa cosa avrebbe detto per reagire alla repressione violenta che sta seguendo il presunto tentativo di colpo di stato? La risposta più forte che è arrivata da Bruxelles è stata proprio questa: “Se reintroduci la pena di morte ti scordi di entrare nell’Unione”. Il problema è che, chiaramente, il nuovo Sultano per dirla con parole morbide, se ne frega altamente di entrare nell’Unione. L’occasione c’era stata, anni fa, ma le divisioni dell’Unione e le stesse incertezze turche hanno fermato quel cammino oramai da tempo. Forse, se si fosse riusciti ad andare avanti sette otto anni fa, ora non ci troveremmo di fronte a questa pericolosissima escalation, che ci coinvolge molto da vicino, e non solo per la questione della collaborazione sul contenimento dell’afflusso di migranti.
La risposta di Erdogan alla “minaccia” europea è arrivata questa mattina: sono stati arrestati, in quanto presunti golpisti, i due piloti che abbatterono l’aereo russo nel 2015. Una scusa vale l’altra in una nascente dittatura, e dato che il presidente della repubblica turca ha deciso di voltare decisamente il suo sguardo verso Mosca questo gesto, che poteva essere compiuto già da tempo, ora ha un chiaro significato di riappacificazione con Mosca, in vista del prossimo incontro con Putin, il nuovo partner scelto da Erdogan. Sarà un’amicizia difficile, senza dubbio, ma il Sultano turco negli ultimi anni le ha provate tutte per assumere un ruolo di peso nella politica internazionale: avvicinamento all’Unione europea, poi il tentativo di diventare una potenza regionale, poi addirittura una potenza e basta, che tratta da pari a pari con Bruxelles e Mosca. Tutte prove fallite, per cui per ora la scelta, che è l’unica che gli resta, di associarsi a Mosca.
Putin probabilmente, con molta prudenza, accoglierà con favore il gesto. La Turchia è un punto di transito importante per il gas, ha da giocare un ruolo fondamentale nella questione migranti, è un ponte tra Europa e Asia che a Mosca può far molto comodo. La nascita di uno Stato con un uomo forte alla guida, proprio sul modello russo, può facilitare le relazioni, anche se Putin, fino in fondo, non si fiderà mai di un alleato così difficilmente gestibile.
Il succo è che l’Unione si trova sempre più in difficoltà nella sua politica estera, si rende conto di avere pochissimi strumenti di influenza a disposizione, soprattutto se continuano a coesistere interessi, e azioni, così diversi e divisivi. Il progetto tedesco di approvvigionarsi direttamente di gas dalla Russia, violando ogni politica e regola europea (come spiega la stessa Commissione Ue) ne è l’esempio più eclatante. Ma anche, su un altro fonte, la ferma opposizione della Francia ad un più stretto rapporto con la Turchia (che esiste da anni, da molti prima delle ultime svolte autoritarie) non ha aiutato a formare una politica condivisa. E dunque eccoci, tutti dietro la indiscutibile bandiera del bando alla pena di morte, a sventolare un vessillo bello ma oramai a brandelli, con il segretario di Stato statunitense che si precipita a Bruxelles per tentare di dare un verso alle scelte deboli e incerte di un’Unione che è sempre più circondata e incapace di risposte significative.