Bruxelles – Se dopo mesi, ormai anni, ancora non si è nemmeno tentato di trovare una soluzione alla situazione di Calais, dove i migranti vivono accampati in condizioni vergognose nella speranza di riuscire a intraprendere il viaggio verso il Regno Unito, allora forse “a qualcuno fa comodo lasciare questa situazione”. Ne è convinta l’eurodeputata del Partito Democratico, Cécile Kyenge, che dopo avere visitato, insieme ad altri membri della commissione Libertà civili del Parlamento europeo, la cosiddetta Giungla nel nord della Francia, denuncia: “È come se si volesse fare vedere che l’immigrazione è un male, l’immigrazione fa paura, diventa la criminalizzazione di un fenomeno naturale che se gestito bene veramente è una risorsa”.
A chi può giovare questa situazione?
Fa comodo solo al populismo, a chi lavora in una logica molto breve che è quella elettoralistica per cui l’importante è vincere, non importa il danno culturale che si fa al territorio. A Calais si vedono tutti i limiti delle istituzioni e della mancanza di comunicazione tra i livelli alti della politica ma anche delle istituzioni, e la base, il territorio. C’è proprio una spaccatura. Anche le proposte che a volte sono state fatte non riescono a tradursi in concretezza, quasi come se mancasse una volontà politica.
Come si potrebbe tentare di gestire la situazione a suo parere?
Mi viene in mente come l’Italia ha gestito la questione albanese, dove nel giro di pochissimo tempo, ogni famiglia o nucleo è andato in un diverso comune. Quanti comuni ci sono? Ognuno ha preso una famiglia e nel giro di pochissimo tempo c’era un’integrazione perfetta, non si riconoscevano neanche più. È possibile che a distanza di anni non si riesca a riprende quello spirito che in pratica è quello dell’equa ripartizione delle responsabilità? Ci vorrebbe un’integrazione diffusa. Dopo tutto, la vera soluzione verrà dal territorio, dalla base come concretezza. Noi possiamo dare un indirizzo politico, come rifare le norme, ma poi le buone pratiche devono partire dal territorio, dove il sindaco o le istituzioni, che non devono mai essere lasciati da soli, devono a un certo punto fare vedere quali sono i modelli per prevenire i conflitti, altrimenti senza questa collaborazione tra i diversi livelli di governance tutto il modello salta.
Recentemente si è parlato della necessità di uno sgombero totale del campo. Cosa ne pensa?
Che venga chiusa questa Giungla sarebbe anche ora, ma non si può chiudere se non si ha un’altra proposta perché qui c’è della gente. Dove va? La mia proposta è: si chiude quando si sa qual è il progetto successivo perché qui ci sono delle persone che di sicuro non possono andare a dormire per la strada o per la città, si peggiorerebbe ulteriormente tutto. Che i migranti debbano uscire da questa condizione è senza dubbio, ma si deve avere un’alternativa credibile nel rispetto della persona. Io sono per un’accoglienza diffusa, piccoli nuclei e non così in massa.