Bruxelles – Forse nel 2017, sicuramente non entro quest’anno. Sono i tempi della Brexit che vengono da Downing Street. La nuova Premier Theresa May ha fatto sapere che non intende avviare da subito la procedura per l’uscita del Regno Unito dall’Unione, prevista dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona, non entro quest’anno.
Eppure, May non è la sola a dettare l’agenda della fuoriuscita del 28esimo stato dall’Unione. Anche la Corte Suprema britannica dagli uffici della quale, secondo il quotidiano “The Guardian” è stata resa nota la tempistica scelta dal governo, dovrà dire la sua ad ottobre, pronunciandosi su almeno sette diversi ricorsi giunti in questi giorni e appena istruiti, che sostengono che la facoltà di invocare l’articolo 50 sia solo del Parlamento, e non del Primo Ministro.
Una richiesta che richiama il principio costituzionale della sovranità del Parlamento, riconosciuto l’unico organo legittimato a prendere una decisione così importante. Tuttavia, alcuni criticano la possibilità che sia il Parlamento a dettare le regole per l’applicazione dell’articolo 50, perché la maggior parte dei parlamentari a Westminster sono contrari all’uscita del Regno Unito dall’Unione. Confermando che il Paese non ha nessuna intenzione di uscire dal novero dei 28 al più presto prima dell’anno prossimo, l’avvocato Jason Coppel ha ammesso che per il governo c’è, tuttavia, “una certa urgenza” a risolvere la questione.
Il clima in cui la Corte dovrà prendere la decisione non è dei migliori. La tensione per il destino del paese legato all’applicazione dell’articolo 50 è ora nelle mani di tanti, tra cui anche giudici e avvocati.
È passato quasi un mese dal referendum della Brexit, eppure sembra che a Londra l’esito della consultazione sia ogni giorno in discussione. Davanti all’ufficio londinese dello studio legale “Mishcon de Reya”, è stata organizzata una manifestazione dei sostenitori del ‘Leave’ che hanno esposto cartelli con su scritto “Invocare l’articolo 50 ora” e “Confermiamo il voto della Brexit”.