Bruxelles – Se in Italia si vuole gestire un lido o una spiaggia, quelli cioè che in termini tecnici si chiamano “demani marittimi”, bisogna partecipare a una selezione tra candidati, e lo Stato deve smettere di concedere il servizio con proroghe automatiche. E questa gara “deve presentare tutte le garanzie di imparzialità e trasparenza”. Lo chiede una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue che si è basata sulla direttiva servizi.
La direttiva, con l’articolo 12, prevede che il numero di autorizzazioni che si possono rilasciare per una certa attività sia limitato per via della “scarsità delle risorse naturali”. In questo caso specifico, gli Stati membri possono decidere di intervenire con un sistema di autorizzazioni per la gestione economica di spiagge e stabilimenti balneari. In Italia si è scelto di far scattare una proroga automatica della data di scadenza delle concessioni, vale a dire: scaduto il periodo di tempo concordato per la gestione dell’attività turistica in un’area, questo si rinnova automaticamente, senza procedure di selezione. L’ultima scadenza italiana è fissata per il 2020, fra quattro anni.
Ma la proroga in automatico delle concessioni, per la Corte, non permette di “organizzare una procedura di selezione” e minaccia il principio di concorrenza. La possibilità di scegliere se candidarsi o meno ci deve essere, anche se al momento del primo rilascio delle autorizzazioni non era stato previsto nessun processo di selezione. Ai giudici italiani la Corte lascia il compito di verificare se davvero “le concessioni italiane devono essere oggetto di un numero limitato per via della scarsità delle risorse nazionali”.
La Corte si è espressa anche sui casi in cui un demanio marittimo corra lungo due Stati diversi. Nemmeno in questo caso il rinnovo può scattare in maniera automatica a un’impresa che ha sede in uno Stato perché costituisce “una disparità di trattamento” nei confronti degli altri interessati.
Ora spetterà ai giudici italiani risolvere la controversia in conformità con quanto stabilito in Lussemburgo. Alcuni operatori privati del settore turistico si sono visti negare la proroga delle concessioni e hanno presentato ricorso. Da qui la decisione dell’Italia di rivolgersi alla corte per chiedere dei chiarimenti che sono arrivati: no alle proroghe e sì alla selezione e alla concorrenza.