Bruxelles – L’Europa deve “riempire il vuoto lasciato dal dopo Brexit aprendosi all’allargamento dell’Unione verso i Balcani”. Ne è convinto, Miroslav Lajčák, il ministro degli Affari europei della Slovacchia, in l’audizione in Commissione Affari Esteri, dove ha presentato le priorità del semestre di presidenza di Bratislava iniziato questo mese.
“La Brexit non ha messo in discussione solo la natura dell’Unione europea, ma la sua identità”, ha spiegato il ministro, ed è “un sintomo dei problemi che attraversano l’Ue: lontananza dei cittadini dalle istituzioni, mancanza di lavoro, insicurezza e instabilità europea di fronte a immigrazione e terrorismo”. Problemi che possono essere meglio affrontati rafforzando l’Unione europea e quindi allargandosi ai Balcani, come “miglior modo per aiutare i nostri vicini a cambiare e a fare le riforme”.
Il presidente Jean Claude Juncker all’inizio del suo mandato ha posto un netto stop alla possibilità per l’Unione di allargarsi: “Nei prossimi cinque anni non ci sarà nessun allargamento dell’Unione europea”, ma questo non significa che le trattative per adesioni future dovessero fermarsi. E trattative molto delicate sono in corso con la Turchia, legate anche all’accordo sui migranti, ma la possibilità che Ankara possa diventare membro dell’Ue per il momento sono ancora lontane.
Lajčák ritiene però che sia “importante per l’Europa portare avanti il processo di integrazione con la Turchia e con i paesi dell’Est Europa per garantire al continente sicurezza e stabilità. La Turchia è sia un paese candidato all’ingresso nell’Unione”, ha spiegato, “che un partner strategico per la cooperazione in immigrazione, sicurezza dei confini esterni, energia ed economia”. Pur riconoscendo che esiste un problema di rispetto di diritti umani, il ministro slovacco ritiene che “sia meglio avere un dialogo critico che non averne affatto” con Ankara.
Tra i paesi che bussano alle porte dell’Unione c’è anche il Montenegro che, secondo il rappresentante slovacco, ha fatto “importanti progressi in vari ambiti come in quello legislativo ed è la nazione più avanzata tra quelle che ambiscono ad entrare nell’Unione”. Con altri paesi dei Balcani, per Lajčák, il dialogo per l’ingresso nel club dei Ventotto deve continuare anche se il loro percorso di riforme e di cambiamenti strutturali è più difficile.
Il ministro si è detto “fiducioso che il nuovo governo della Serbia mantenga i rapporti con l’Unione europea” nel processo di integrazione e lo stesso faccia la Macedonia su cui, invece, non ha nascosto “una profonda preoccupazione legata alla fragilità della situazione in cui versa il paese”. Più vicina all’integrazione europea è, secondo il ministro, l’Albania che “ha fatto numerosi progressi con la riforma della giustizia” e che attende le “prossime tappe verso l’inclusione nell’Unione previste in autunno”.
Più lontana, invece, sembra essere la possibilità di integrazione europea per la Bosnia-Erzegovina che “sotto la nostra presidenza, ha ricordato Lajčák, inizierà il processo per l’inclusione anche se ora non ci sono segnali positivi da parte della politica bosniaca. È importante motivare questi paesi”, ma ha aggiunto, “non possiamo nemmeno ballare con paesi che non vogliono danzare con noi”.