Una delle ultime iniziative che José Manuel Barroso avviò prima della fine del suo mandato fu il progetto “New narrative for Europe”, che si potrebbe tradurre con “un nuovo modo di raccontare l’Europa”. L’iniziativa suscitò entusiasmo e a molti parve una svolta nel modo in cui l’UE si presentava ai cittadini.
Per riavvicinare l’Europa alla gente, per ravvivarne lo slancio ideale, ci si proponeva di dar voce alla comunità intellettuale, artistica e scientifica perché da loro partisse appunto un nuovo modo di raccontare l’esperienza europea, questa volta lasciando da parte gli aspetti economici ma concentrandosi invece sull’unità culturale dell’UE, sui valori che nel profondo ci legano e che sono stati troppo a lungo trascurati.
Il prospetto dell’iniziativa sosteneva che un “nuovo Rinascimento” era necessario per ridare ai cittadini fiducia nel progetto europeo. Un gruppo di intellettuali redasse il manifesto dell’iniziativa chiamandolo “The mind and body of Europe” e diversi incontri vennero organizzati dove pensatori, scrittori e artisti di tutta Europa incontravano i cittadini e rispondevano alle loro domande.
Fui anche io invitato a partecipare e aderii con entusiasmo all’idea. Nell’ambito della Biennale di Venezia avrei dovuto prender parte a una cosiddetta “Domino Conversation”, un dibattito con illustri invitati fra cui Barroso stesso e artisti come Rem Koolhaas, Alice Rohrwacher, Stefano Boeri, Elif Shafak, Okwui Enwezor e Carolyn Christov-Bakargiev.
Alle Corderie dell’Arsenale mi accorsi però che l’accesso al dibattito non era pubblico. Solo ospiti selezionati erano ammessi. La platea era in realtà una claque, ingaggiata appositamente per essere inoffensiva. Gli artisti parlarono con entusiasmo di Europa e di grandi ideali. Gli invitati al dibattito fecero domande facili, che suggerivano risposte trionfalistiche e autocelebrative. Solo io ne azzardai una un po’ provocatoria sull’emigrazione che fece abbassare molti sguardi. Ma alla fine tutti eravamo d’accordo su quanto bella è l’idea dell’Europa unita e su come siamo bravi noi a darci da fare per costruirla, sul valore della diversità culturale, della società multirazziale, dell’abbattimento delle frontiere, sui diritti umani e le libertà fondamentali.
Uscimmo come si esce da messa. Mancava solo la musica d’organo. Ma fuori trovammo una ressa urlante di persone che avrebbero voluto partecipare al dibattito ed erano state escluse, che avrebbero voluto essere ascoltate e invece erano state allontanate. Ci additavano e ci accusavano di avere sbagliato tutto, di aver buttato l’Europa in pasto agli interessi della grande finanza, di aver lasciato prevalere gli interessi dei potenti su quelli della gente, di avere distrutto lo Stato in nome del mercato, di aver gettato al vento i nostri valori di uguaglianza e di giustizia sociale. Barroso sgusciò via, protetto dalla scorta. Un cocktail lo aspettava su un bel patio riservato, fra opere d’arte e gente elegante. Io mi soffermai fra i contestatori cercando di ascoltarli. Inutile provare a spiegare. Il sentirsi esclusi li rendeva alla fine anche irragionevoli. In più, là dentro avevamo parlato inglese. Lì fuori non lo capiva nessuno.
Oggi José Manuel Barroso è stato nominato Presidente non esecutivo della Goldman & Sachs, la banca d’affari statunitense accusata di aver frodato i propri risparmiatori con la vendita di titoli tossici che furono all’origine della crisi dei “subprime” e che ha avuto come conseguenza la grande recessione del 2008 di cui stiamo ancora pagando le conseguenze.
La nomina di Barroso ai vertici della Goldman & Sachs non ha nulla di illegale ed è conforme alle regole dello statuto dei funzionari UE. Ma forse a qualcuno sembrerà immorale che l’ex Presidente della Commissione europea vada a lavorare proprio per la banca che con le sue pratiche irresponsabili ha saccheggiato i risparmi della gente comune per salvare i grandi capitali dei propri finanziatori. Questo allontanerà ancora di più i cittadini europei dall’UE e la farà apparire asservita al mondo dell’alta finanza. Quello sì non conosce frontiere e non esita neppure a sgretolare il potere degli Stati per perseguire i propri interessi.
Nella difficile prospettiva del Brexit, l’ex Presidente della Commissione potrà mettere al servizio della Goldman & Sachs la sua profonda conoscenza delle istituzioni comunitarie e del loro funzionamento, la sua vicinanza a capi di Stato e di governo così come la sua influenza politica. Con l’ingaggio di un così esperto statista, il grande gruppo statunitense si attrezza al meglio per cadere ancora una volta in piedi in caso di un’altra catastrofe finanziaria. José Manuel Barroso, dopo una brillante carriera politica che lo ha portato da Primo ministro del Portogallo a Presidente della Commissione europea per due mandati, a 60 anni inizia dunque una “new narrative”. La “New narrative for Barroso”.
Quanto alla “New narrative for Europe”, fessi noi che ci avevamo creduto.