Londra – Tony Blair ha voluto ad ogni costo fare la guerra in Iraq con gli Stati Uniti. E’ quanto emerge con una certa chiarezza dal rapporto della commissione Chilcot, che prende il nome dal suo presidente Sir. John Chilcot, istituita sette anni fa per volontà del successore di Blair, Gordon Brown. con lo scopo di indagare se in Iraq siano stati commessi o meno crimini di guerra e se la partecipazione della Gran Bretagna sia stata legittima o meno.
“Abbiamo concluso che la Gran Bretagna decise di unirsi all’invasione dell’Iraq prima che tutte le opzioni pacifiche per un disarmo fossero esaurite. L’azione militare a quel tempo non era una scelta inevitabile”, ha detto Sir Chilcot incontrando la stampa per presentare un rapporto lungo quattro volte e mezza il romanzo Guerra e Pace. Secondo la commissione, inoltre, i rapporti dell’intelligence “furono presentati affermandone una affidabilità che non era giustificata”.
Nel caso, oltre a Tony Blair, rientrano anche l’ex ministro degli esteri britannico, Jack Straw, e il capo del MI6, i servizi segreti per l’estero Uk, Sir Richard Dearlove.
Il rapporto della commissione ha sottolineato gli errori dell’ex primo ministro laburista, che avrebbe sottovalutato i rischi di un’invasione e si sarebbe basato semplicemente sulle sue convinzioni che in Iraq ci fossero delle armi di distruzioni di massa, e “i piani per il dopo Saddam – afferma la commissione – erano del tutto inadeguati”.
Si legge nel rapporto: “I servizi segreti non hanno dimostrato oltre ogni dubbio che Saddam Hussein avesse continuato a produrre armi chimiche e biologiche”. Né l’intelligence aveva provato “senza ombra di dubbio che gli sforzi per sviluppare armi nucleari fossero in atto”. Il dossier ha inoltre chiarito che, “fintanto che le sanzioni [internazionali] fossero rimaste in vigore, l’Iraq non avrebbe potuto produrre un’arma nucleare.”
Sir John Chilcot sostiene che sia George W Bush, ex presidente degli Stati Uniti, sia Tony Blair fossero pienamente consapevoli del rischio che l’Iraq avrebbe potuto vedere un’escalation violenta dopo la caduta di Saddam Hussein, ma nonostante ciò decisero comunque di intervenire. “Blair era stato avvertito che l’azione militare avrebbe aumentato la minaccia di al Quaida verso gli interessi di Uk e Usa. Era stato anche avvertito – emerge dal rapporto – che un’invasione avrebbe potuto portare al trasferimento di armi e capacità irachene nelle mani dei terroristi”. Qui si parla, per essere chiari, delle strutture di base dalle quali è nato l’Isis.
Già nel 2002, sei mesi prima dell’invasione, le relazioni dell’intelligence avevano avvertito che l’intervento avrebbe creato un ambiente fertile per il terrorismo, destabilizzando il paese.
Nonostante questo, Blair, avrebbe dichiarato alla commissione di non poter conoscere le conseguenze della sua scelta, ma la commissione ha dichiarato che “i rischi di conflitto interno in Iraq, l’interesse iraniano, l’instabilità regionale, e l’attività di al Qaeda in Iraq, erano stati identificati in modo esplicito prima dell’invasione”.
Il dossier ha concluso che “la decisione di usare la forza – una decisione molto seria da prendere per qualsiasi governo – provocò una profonda controversia in relazione all’Iraq e divenne ancora più controversa quando fu successivamente scoperto che i programmi iracheni per sviluppare e produrre armi chimiche, biologiche e nucleari erano già stati smantellati.”
La conclusione a cui è giunta la commissione, è che Blair ha messo a rischio la sicurezza nazionale e quella del proprio esercito. Ora tocca alla politica, e alla giustizia forse, decidere cosa fare di quest’uomo.