Le piste ciclabili si moltiplicano nelle nostre città e anche grandi metropoli come Parigi ora si attrezzano per dare alla bicicletta sempre più spazio. Una buona notizia, diranno in molti. Meno inquinamento, meno rumore e città più vivibili. Se non fosse che anche l’innocente bicicletta è stata presa in ostaggio dai tempi moderni, fatti di estremismi e fanatismi. Il ciclista di oggi è un automobilista travestito. Non usa la bicicletta per il trasporto ma per asserire la sua esistenza con arroganza, peggio, per praticare una nuova forma di aggressività, quella della vittima. Il ciclista è lì per farsi investire e così farsi anche notare. Perché ogni sforzo dell’uomo moderno ormai va in questa direzione. Il ciclista oltranzista è solo una delle tante figure di questa mania di protagonismo che parte da quello che fa ciao con la manina dietro l’inviato del telegiornale per essere visto in tivù e finisce con quello che prende a mitragliate i suoi compagni di scuola per postare le foto del massacro su Facebook.
Il ciclista oltranzista non concepisce la pista ciclabile come uno spazio protetto dove circolare tranquillamente per spostarsi da un luogo all’altro ma come un’autostrada del pedale. Il ciclista tutto bardato da gara suona il campanello come il clacson, inveisce contro i ciclisti lumaconi e i pedoni che usurpano la sua pista, ripiega i retrovisori alle automobili che hanno l’inavvedutezza di rimanere con una ruota sulla striscia ciclabile. Il ciclista tutto giallo e cromo, con gli occhiali da sole e i pedali a gancio da sci, che vi sfreccia accanto la mattina e fa sur place al semaforo come se fosse al cancello di una corsa al galoppo, non è un ambientalista, è un esibizionista radicalizzato. Cerca l’automobilista per prenderlo in fallo, lo costringe a frenare bruscamente per poi additarlo come un criminale. Lui che non solo inquina col suo motore assassino ma per di più minaccia l’incolumità del sacro ciclista, salvatore del mondo e redentore delle nostre impronte di CO2.
Il vero ciclista cittadino, quello che usa la bicicletta per spostarsi, non per esaltarsi, innanzitutto non corre. Sa pedalare senza sudare, che è l’essenziale, e se suona il campanello è per salutare qualcuno. Non ha i piedi avvitati ai pedali e se c’è bisogno può scendere, portare la bicicletta per il manubrio e salire su un marciapiede. Non cavalca scarni telai in lega al magnesio, con sellini larghi come un tanga e manubri ricurvi da gara a cronometro ma sta comodamente seduto su solide biciclette con i parafanghi e il portapacchi, dove mette la cartella o la busta della spesa. Il vero ciclista alla fine è un pedone con le ruote e dei pedoni è amico. Va in bicicletta guardandosi attorno, non guardando la riga per terra come fa il ciclista oltranzista. Il vero ciclista cittadino ogni tanto si fa suonare dietro dagli automobilisti ma lo sa che ha torto. È perché si è messo a chiacchierare con un altro che gli è scivolato accanto. Molla il pedale e lascia andare avanti il compagno per sgomberare la strada. La strada, neanche la pista ciclabile. Perché dove c’è il buon senso di pista ciclabile non c’è neppure bisogno.
Laggiù nella pista rossa invece corre furioso il ciclista oltranzista ed è pronto a rischiare la vita pur di rivendicare precedenze. Poco gli importa di morire, almeno si sarà fatto notare. Lui steso sull’asfalto e l’ambulanza che arriva a sirene spiegate. Che palcoscenico!
Ma non dobbiamo disperare e invece essere fiduciosi. Possiamo ancora dirottare la tendenza esibizionista del ciclista oltranzista a vantaggio della nostra tanto martoriata società. Oggi che si parla tanto di lotta contro la radicalizzazione, questa potrebbe essere una via. I sociologi dicono che è impossibile dissuadere un radicalizzato. Un fanatico resta un fanatico: non lo si converte più. Ma potrebbe essere possibile deviarlo da un fanatismo all’altro. Studiamo dunque metodi di conversione dall’estremismo religioso a quello ciclista e chissà che forse molti di quelli che oggi ambiscono a farsi esplodere vestiti di nero in un aeroporto non si accontentino di farsi schiacciare vestiti di giallo a un semaforo.