Bruxelles – Lo aveva annunciato più volte, negli scorsi mesi, il Primo ministro ungherese Viktor Orban. E alla fine, una data ufficiale per il referendum dell’Ungheria sul piano di ricollocamento dei migranti, è arrivata. Sarà il 2 ottobre, lo stesso giorno, per altro, in cui si ripeterà la fase di ballottaggio delle elezioni austriache e probabilmente molto vicino anche al referendum costituzionale italiano. Sulle schede ci sarà scritto così: “Volete che l’Unione europea sia autorizzata a decidere l’insediamento obbligatorio di cittadini non ungheresi in Europa senza il consenso del Parlamento ungherese?”. Perché la consultazione sia valida, occorrerà che si registri un’affluenza del 50%, cioè di circa 4 milioni di elettori.
Un altro referendum dunque, dopo quello su Brexit, che potrebbe minare il già fragile equilibrio europeo. Sempre gli stranieri al centro della questione, che questa volta dai cittadini dell’Ue si sposta sui migranti e sul programma di redistribuzione elaborato l’anno scorso dalla Commissione europea e approvato a maggioranza dal Consiglio. Lo schema prevede che, entro il 2017, siano smistati negli Stati membri circa 160 mila richiedenti asilo arrivati in Italia e Grecia. All’Ungheria dovrebbero andarne 1.249, anche se le procedure vanno a rilento.
L’Ungheria, insieme ad altri quattro Paesi, subito dopo l’approvazione del piano, si era schierata contro Bruxelles. Budapest ha sempre sostenuto che il sistema delle quote minasse la propria sovranità nazionale e consentisse l’ingresso nel Paesi “di terroristi”. Le istituzioni di Bruxelles, per Orban, non hanno “il diritto di ridisegnare l’identità culturale e religiosa dell’Europa”. Per questo, il referendum del 2 ottobre sarà, prima ancora che un voto sul sistema delle quote, una prova per l’indipendenza delle decisioni ungheresi. E un voto contrario all’Unione non è da escludersi, anzi.
Orban, con il suo partito Fidesz-Unione civica ungherese, ha fatto proprio della battaglia contro le politiche migratorie di Bruxelles una delle colonne portanti del suo piano di governo. Forte di un’opposizione poco incisiva, il Primo ministro, nell’ultimo anno, ha anche ottenuto che l’Ungheria avviasse la costruzione di un muro di filo spinato per sigillare i confini meridionali (con la Serbia) del Paese. Una scelta che, di fatto, aiuta a impedire l’entrata dei migranti sul territorio ungherese. E che ha confermato la voglia di autonomia decisionale di Budapest. Quella stessa che è stata riconfermata oggi dal ministro dell’Informazione ungherese, Antal Rogan, che ha ribadito, dopo l’annuncio del referendum: “Sono soltanto gli ungheresi a decidere con chi vogliono convivere”.