Bruxelles – Finisce il Ramadan e Israele ricomincia con il suo piano di insediamenti nel territorio palestinese occupato. La decisione, come ha riportato il quotidiano Haaretz, è stata presa dal premier Benjamin Netanyahu alla fine della scorsa settimana. Netanyahu ha disposto l’ampliamento dell’insediamento di Maale Audmin, con 560 case e quelli di Ramot, Har Homa e Gilo con altre 240, per un totale di 800 nuove costruzioni. Ma il piano di Tel Aviv non piace all’Europa: “La decisione di domenica di Israele di procedere con diverse centinaia di insediamenti a Gerusalemme Est e in Cisgiordania minaccia la vitalità della soluzione fra i due Stati e chiama in causa l’impegno di Israele per un accorto negoziato con i palestinesi”, ha fatto sapere il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna guidato da Federica Mogherini.
“Nonostante i ripetuti avvisi della comunità internazionale, Israele sta continuando la sua politica di insediamento che è illegale secondo quanto stabilito dalla legge internazionale”, ha dichiarato il portavoce che ha anche invitato Tel Aviv a “fermare questa politica e a cambiare le sue recenti decisioni”. L’espansione di Israele era già stata condannata dall’Unione nel rapporto dello scorso primo luglio redatto dal Quartetto (Ue, Usa, Russia e Onu) in cui si criticava l’espansione in Cisgiordania così come l’ “incitamento alla violenza”.
La scelta del governo di Netanyahu sembra però incontrovertibile dato che nasce, sempre secondo Haaretz, in risposta all’aumento dei casi di violenza della scorsa settimana, quando sono morti due israeliani (una tredicenne e un rabbino) e sei sono rimasti feriti durante attacchi palestinesi negli insediamenti. Costruire nuove case nei territori occupati, come hanno affermato fonti vicine al quotidiano, sarebbe poi la soluzione scelta dal governo per compensare l’approvazione della costruzione di 600 abitazioni nel quartiere palestinese di Beit Safafa, a Gerusalemme, e il congelamento dell’ insediamento ebraico di Givat Hamatos.