Roma – “La Brexit è soprattutto un problema degli inglesi, decidessero cosa vogliono fare. Hanno votato per uscire dall’Ue, gli inglesi non gli scozzesi, ma sta a loro attivare il processo. Trovo poco gradevole che viviamo in questa fase di sospensione”. Così il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, invoca una rapida decisione del Regno unito sull’attivazione dei negoziati per la separazione dall’Unione europea.
La frase del numero uno di Via XX Settembre, pronunciata nel corso di un intervento all’Assemblea dell’Ania, sembra aprire all’ipotesi di una Scozia fuori dall’Uk e dentro l’Ue. Ma su Twitter il ministro corregge il tiro. “Brexit è Un problema innanzitutto per i britannici, decidano cosa fare”, si legge sul suo account ufficiale.
Sostenere investimenti a lungo termine è priorità per tutta l'UE. #Brexit è un problema innanzitutto per i britannici, decidano cosa fare.
— Pier Carlo Padoan (@PCPadoan) July 5, 2016
Nell’attesa che Londra sciolga i dubbi sul percorso di uscita, secondo Padoan, “il resto dell’Europa deve andare avanti con la crescita, che può e deve essere accelerata”.
Per il titolare dell’Economia, “siamo in una fase di volatilità” e il risultato del referendum del 23 giugno nel Regno unito “l’ha aumentata in un mondo già incerto”. Tuttavia, prosegue, “bisogna guardare al lungo termine”, e in quest’ottica “resto molto ottimista sui fondamentali dell’economia italiana”.
Ottimismo manifestato a dispetto del report mensile dell’Istat, che indica un rallentamento della crescita nei prossimi mesi, e della crisi che sta investendo il sistema creditizio del nostro Paese da quando le urne britanniche hanno decretato la vittoria del Leave. Una bufera che non si è arrestata neppure dopo l’annuncio di un’intesa tra Roma e Bruxelles su un meccanismo di intervento da 150 miliardi di euro per garantire liquidità alle banche, ma solo a quelle solventi. Uno strumento “a disposizione se necessario”, indica il ministro annoverandolo tra le misure per “minimizzare l’instabilità”.
Il fatto che i titoli bancari continuino a perdere terreno sui mercati, però, è sintomo che ciò che è stato fatto non basta, soprattutto per il Monte dei Paschi, che ieri ha perso circa il 14% del proprio valore (e oltre il 73% da inizio anno) e oggi continua la sua picchiata. La Bce chiede all’Istituto senese di disfarsi di 10 miliardi di crediti deteriorati in 3 anni, ma per soddisfare la richiesta ed evitare il fallimento sembra necessaria una qualche forma di intervento pubblico, che il governo starebbe già trattando con la Commissione europea e che potrebbe valere anche per altri istituti.
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, anche ieri ha confermato che sulle banche l’intenzione dell’esecutivo è di agire nel rispetto delle regole Ue, ma con l’obiettivo di tutelare i correntisti (che perderebbero gli importi oltre i 100 mila euro in caso di risoluzione bancaria attraverso il bail-in imposto dalla direttiva europea) e i risparmiatori (i sottoscrittori di obbligazioni subordinate perderebbero tutto al pari degli azionisti). Le ipotesi sul terreno sono diverse, da una sospensione del bail-in – consentita dalle regole comunitarie per far fronte a choc sistemici imprevisti, e la Brexit potrebbe essere considerata una valida motivazione – a un nuovo fondo per le cartolarizzazioni dei prestiti in sofferenza, già ribattezzato Atlante 2. La speranza di osservatori e analisti è che una decisione arrivi nei tempi più brevi possibili, perché il peggior nemico dei mercati è l’incertezza.