Bruxelles – A cinque anni dall’avvio della Strategia Nazionale per l’inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti, il programma dell’Ue voluto per migliorare l’integrazione di queste minoranze, cosa è cambiato per la popolazione romanì che vive in Europa? Lo spiega ai microfoni di Eunews Fiorello Miguel Lebbiati dell’Associazione Sinti italiani di Prato, in questi giorni a Bruxelles per partecipare ai lavori del convegno sulla Strategia. Dal 27 al 30 giugno esperti e attivisti hanno fatto il punto della situazione dei rom durante il meeting “Fallimento o inizio promettente?: Lo stato della Strategia Nazionale d’inclusione Rom, Sinti e Caminanti dopo cinque anni”. organizzato dal gruppo parlamentare dei Socialisti e Democratici e da Open Society Foundation al Renaissance Hotel di Bruxelles.
La Strategia aveva posto come obiettivo, entro il 2020, il riconoscimento alla minoranza rom, con i suoi 12 milioni di persone in Europa, di alcuni diritti fondamentali come casa, lavoro, salute e istruzione.
La Strategia Nazionale Rom, Sinti e Caminanti è stata adottata dal Consiglio europeo il 24 maggio del 2011 e approvata il 24 giugno dello stesso anno.
Esattamente a metà strada nel percorso delineato dalla Strategia, dopo cinque anni, molti esperti e organizzazioni non governative che si occupano del tema hanno riscontrato che la condizione dei rom negli stati membri dell’Europa non è cambiata. Lo stesso ci spiega ai nostri microfoni Fiorello Miguel Lebbiati, rom e sinto italiano, il quale sostiene che “la Strategia non porterà da nessuna parte se non verranno cambiati i metodi – e aggiunge – Bisogna investire in scuola, casa e lavoro per un vero cambiamento per le comunità rom e sinte d’Europa”.
L’appello di Lebbiati all’Europa si chiude con un augurio: “Sarebbe molto bello che affianco a tutte le bandiere dell’Unione europea ci fosse anche quella dei rom e sinti, riconosciuta dall’Europa. Sarebbe il momento di farla sventolare per dare un segnale al mondo: se l’Europa riconosce rom e sinti deve poter far sventolare questa bandiera”.
“Le conclusioni a cui siamo giunti è che non è più ammissibile riservare ai rom politiche di ghettizzazione” spiega Neda Korunovska, responsabile dell’ufficio delle politiche sui rom dell’Open Society Foundations. “I governi nazionali devono essere considerati responsabili del trattamento differente riservate alle persone rom da parte di poliziotti, insegnanti, dottori e operatori sociali nella loro vita quotidiana. Abbiamo bisogno di una determinazione autentica da parte dei governi – conclude Kuronovska – per combattere l’antiziganismo istituzionale e per arrivare a cambiamenti radicali se vogliamo raggiungere gli obiettivi d’inclusione previsti per il 2020”.