Bruxelles – Uno Stato che salga alla guida dell’Unione europea ad una settimana esatta dalla decisione di un Paese membro di non farne più parte, non può avere che un obiettivo: tentare di riconquistare l’entusiasmo dei cittadini. Come? Riguadagnando una parte del potere nelle mani di Bruxelles, per riconsegnarlo ai governi. Così la vede la Slovacchia, che da domani assumerà, per la prima volta nella sua storia, la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea. Alla cerimonia ufficiale per l’inizio del mandato a Bratislava, il premier slovacco Robert Fico, si mostra convinto: “La nostra ambizione è di portare l’agenda europea più vicina ai cittadini”, facendo capire a tutti “che l’Unione europea è un progetto entusiasmante ed eccellente”. Come? Iniziando ad esempio dal modo di raccontarla: “Ci piacerebbe focalizzarci su una migliore comunicazione dell’agenda positiva dell’Ue”, ha spiegato il premier, secondo cui alla luce degli ultimi eventi è il caso che “i politici inizino a chiedersi se non hanno fallito a comunicare i vantaggi che il progetto europeo porta”.
Ma la comunicazione è solo una parte del progetto. Per tentare di marcare un cambio di passo, suggerisce Fico, si potrebbe iniziare ad allontanarsi da Bruxelles, così come si farà, ad esempio, con il prossimo summit sulla Brexit, in programma il 16 settembre proprio a Bratislava. “Bruxelles tende ad avere una connotazione molto negativa in questi giorni”, fa notare, suggerendo che il modello di summit al di fuori da Bruxelles si potrebbe adottare come un modello regolare. Uno spostamento non solo geografico: “I cittadini non vivono nella Commissione, vivono negli Stati membri”, fa eco a Fico il ministro degli Esteri, Miroslav Lajčák, sostenendo: “Le politiche europee dovrebbero essere condotte dagli Stati membri, dai nostri governi eletti democraticamente”. Non solo da alcuni, tiene però a specificare il premier, criticando gli ultimi incontri a tre sul dopo Brexit tra Germania, Francia e Italia: “Le decisioni cruciali sul futuro dell’Europa non possono essere decise solo da uno o due Stati membri o dagli Stati membri fondatori dell’Ue”, dice, insistendo che “il futuro dell’Ue non può più essere definito senza quegli Stati membri che si sono uniti all’Ue dopo il 2004”.
Anche per il presidente slovacco, Andrej Kiska, è arrivato il momento di “riguadagnare i cuori e le menti dei nostri popoli” e questo “non è un compito tecnocratico”, ma di “leadership politica”. In Slovacchia, spiega ad esempio il presidente, “i sondaggi mostrano che una salda maggioranza non voterebbero per uscire dall’Ue oggi ma non perché sia persuasa che l’Ue è un buon progetto che assicura un futuro prospero, ma solo perché sarebbe troppo rischioso e costoso”. È questo, sono convinti a Bratislava, che bisogna cambiare per vincere il populismo e la disaffezione dei cittadini.
Nonostante la necessità di mandare messaggi positivi, avverte però Fico, “non dobbiamo avere paura di dire che alcune politiche Ue non hanno supporto in Ue”. Anzi, “ci sono politiche dell’Ue che devono essere definite fallite abbastanza chiaramente”, non fa sconti il premier. È il caso dell’immigrazione, tema su cui “la vasta maggioranza dei cittadini Ue è in completo disaccordo con lo stato attuale”. In particolare il governo slovacco si è detto pronto a sostenere la nascita di una guardia frontiera e costiera europea per proteggere i confini esterni e l’accordo con la Turchia ma ha ribadito una netta contrarietà ad una riforma di Dublino che superi il principio del Paese di primo approdo.
Sullo spinoso capitolo Brexit, Fico non mostra risentimento per la scelta britannica: “Il popolo britannico ha reagito, e ha mostrato totale disaccordo con le politiche europee. Nessuno ha diritto di essere arrabbiato con i cittadini britannici”. Allo stesso tempo, però, il premier slovacco ha avvertito che non ci sarà alcun accordo speciale con il Regno Unito.