Bruxelles – I toni aspri e le contrapposizioni sembrano già cosa del passato. L’addio, quello con cui David Cameron lascia dopo sei anni il Consiglio europeo per non tornare più, è tutto all’insegna di dichiarazioni di stima e parole garbate. Le stesse che il premier britannico assicura di avere ricevuto nel corso dell’ultima riunione che lo ha visto al tavolo con gli altri ventisette: “Il tono dell’incontro è stato di tristezza e rimpianto”, racconta il premier ad una sala stampa stracolma nonostante sia mezzanotte passata. “I nostri partner – assicura – sono genuinamente tristi che noi pianifichiamo di abbandonare questa organizzazione”, tanto che, afferma sorridendo, “vorrei che le persone avessero potuto sentire le conversazioni che abbiamo avuto”.
Insomma un incontro “positivo, costruttivo, calmo”, tra quelli che sono “amici, partner”. Toni che forse, sostituiti alle rituali lamentele britanniche sulla burocrazia comunitaria, avrebbero potuto portare ad una percezione diversa dell’Ue e, chissà, ad un altro risultato al referendum. Ma ormai è tardi per recriminare e tra i leader, garantisce Cameron, c’è un “rispetto universale” per la decisione presa dai cittadini britannici. Si pensa piuttosto ai prossimi passi ed è chiaro a tutti che il Regno Unito “deve puntare alla relazione più stretta possibile su commercio, cooperazione e sicurezza”.
Questo conta, secondo Cameron, più dei tempi con cui verrà lanciata la procedura di uscita. “La tempistica dell’articolo 50 è una decisione sovrana del Regno Unito”, ricorda il premier, assicurando che tra i leader la visione prevalente non è che la procedura vada lanciata rapidamente ma piuttosto che questa “funzionerà meglio se entrambi i lati sanno quello che vogliono ottenere”. Bisogna insomma “analizzare tutte le possibilità in modo reciproco”, prima di procedere. Ma lanciare l’articolo 50, conferma Cameron, “sarà compito del prossimo premier”. Quello che il successore deve sapere, avverte il premier, è che “è impossibile avere tutti i benefici dell’appartenenza all’Ue senza i costi dell’appartenenza”.
“Lasciamo l’Ue ma non stiamo voltando le spalle all’Europa”, assicura ancora una volta Cameron che dice di non avere rimorsi per avere convocato il referendum. Ho lottato “con il cuore e con l’anima”, dice, per evitare “una situazione in cui non avrei voluto trovarmi”. Ma “ho perso – conclude – e devo accettarlo”.