Bruxelles – Merkel da una parte, Renzi dall’altra. Nonostante il primo Consiglio europeo a ventisette sia tutto un fiorire di dichiarazioni sul bisogno di rilanciare, dopo la Brexit, un’Europa più unita, ai margini della riunione si ripropone il solito scambio di battute al vetriolo tra la cancelliera tedesca e il premier italiano. Al centro del contendere sempre le regole, che per Berlino vanno rispettate senza se e senza ma, e su cui l’Italia non vuole più sentire rimproveri, visto che, insiste Renzi, il nostro Paese è ormai in regola su tutto. A scatenare la discussione le voci sul presunto piano che il governo italiano starebbe trattando con la Commissione europea per sostenere la liquidità degli istituti di credito investiti dalla Brexit. Piano che prevederebbe, in particolare, lo stop al bail-in (che fa ricadere il peso del salvataggio delle banche sui correntisti) e 40 miliardi di risorse pubbliche da investire. Interrogata sulla possibilità di nuovi spazi di flessibilità, in particolare per il settore bancario, riferiti all’Italia Merkel chiude netta: “Credo che sia stata concessa una certa flessibilità a certi Paesi per favorire la crescita. Guardando soprattutto all’Italia, posso dire che abbiamo adottato diverse soluzioni, ma non possiamo ridiscutere ogni due anni le regole del settore bancario”.
Una bacchettata che punge nell’orgoglio il premier italiano che in conferenza stampa, ribatte stizzito: “Nessuno di noi vuole cambiare le regole. Le regole sono state cambiate l’ultima volta nel 2003 per consentire a Francia e Germania di superare il tetto del 3%”. All’epoca “Berlusconi accettò di farlo” poi “non è più successo”, ricorda Renzi, assicurando: “L’Italia ha una grande capacità di rispettare le regole e continuerà a farlo”. Insomma il tema banche, garantisce il premier, “non è all’ordine del giorno e non c’è la richiesta di modificare le regole”. Se sulle banche si doveva intervenire, si doveva farlo quando si poteva, come fece Berlino che, “nel 2010 ha messo 247 miliardi di euro per salvare le banche”. L’Italia “quando si poteva fare non l’ha fatto” perché i governi dell’epoca scelsero di non farlo e adesso “è inutile stare a discutere sul latte versato ora che le regole sono diverse”.
Quello che invece conta ora, insiste il premier, è sapere che “nella situazione in cui siamo, se vi fossero problemi, saremmo nelle condizioni, con le regole attuali, di proteggere i denari dei correntisti e dei cittadini”. In sintesi: “Non c’è rischio per il denaro del contribuenti” e “il resto sono discussioni che interessano agli addetti a lavori ma non importano nella sostanza”. Lasciando da parte le banche e parlando di economia reale, Renzi fa sapere che il governo ha fatto uno studio, secondo cui “il nostro rapporto di interscambio con il Regno Unito non è il primo a risentire di tensioni, quindi l’effetto sull’economia reale è limitato”. Insomma naturalmente “se c’è un rallentamento di tutti c’è un rallentamento anche dell’Italia” ma il tema non spaventa e non si pone come un’urgenza.
A dovere essere immediata, secondo il premier, è invece la reazione a Brexit in termini di rilancio dell’Unione europea. Con il risultato del referendum “l’Ue ha preso una sberla” e “a fronte di questa sberla o ci si rende conto che è arrivato il momento di rilanciare sulle cose che valgono davvero o abbiamo perduto un occasione”. Cosa che, secondo Renzi, non accadrà: “Sono molto convinto – dice – che nelle prossime settimane saremo in condizioni di rilanciare con grande forza” e “l’Italia ha l’ambizione di guidare il processo di cambiamento dell’Ue venendo qui a portare idee e proposte non venendo qui a chiedere deroghe”.