Bruxelles – Iniziare ad agire, in fretta, per portare a casa già entro l’anno i primi accordi con i Paesi terzi per tentare di stoppare il flusso di migranti che, lungo la rotta del Mediterraneo centrale, approdano in Italia. Non c’è solo Brexit nell’agenda della riunione di capi di Stato e di governo: i leader Ue continuano a lavorare anche sulla questione immigrazione e chiedono un’accelerazione sui cosiddetti “migration compact”, strumento prima chiesto dall’Italia e poi ufficialmente proposto dalla Commissione europea. Se grazie all’accordo stretto tra Ue e Turchia i flussi verso le isole greche sono “drasticamente diminuiti e si sono ormai quasi arrestati”, nel Mediterraneo Centrale, fanno notare i leader “i flussi soprattutto di migranti economici rimangono allo stesso livello dello scorso anno” e “devono essere ridotti, salvando vite e spezzando il modello di business dei trafficanti”.
Per farlo, concordano i leader nelle conclusioni del Consiglio, occorre avere “risultati rapidi” con un “efficace quadro di partnership di cooperazione con singoli Paesi di origine e di transito”. Questi accordi, “basati su incentivi efficaci e adeguata condizionalità”, devono essere “messi in atto e implementati rapidamente”, chiedono i leader, a partire da “un numero limitato di Paesi prioritari di origine e di transito” per poi essere esteso ad altri Paesi e regioni così da riflettere i flussi migratori. A portare avanti le trattative sarà l’Alto rappresentante per gli Affari esteri Ue, Federica Mogherini, a cui i capi di Stato e di governo chiedono di “concludere i primi accordi prima della fine dell’anno”. Commissione e Consiglio monitoreranno regolarmente il processo, valuteranno i risultati e riporteranno al Consiglio europeo.
Obiettivo centrale che si vuole raggiungere con i migration compact è riuscire ad ottenere un consistente aumento dei ritorni dei migranti irregolari verso i Paesi terzi. Per accelerare le cose in questa direzione, il Consiglio parla della possibilità di “applicare accordi temporanei, in attesa della conclusione di accordi di riammissione a pieno titolo”. Per convincere gli Stati a collaborare si farà appello a “tutte le politiche, gli strumenti e i mezzi Ue rilevanti, incluse politiche di sviluppo e commercio”.
Per finanziare gli accordi “tutti gli strumenti e le risorse rilevanti di finanziamento devono essere mobilitate in maniera coerente”, conclude il Consiglio, a cui la Commissione ha chiesto di mettere a disposizione nuovi 500 milioni di euro, per arrivare, insieme ai fondi supplementari messi sul piatto dall’esecutivo comunitario, a un miliardo di risorse fresche. “Il Consiglio – si limitano a constatare le conclusioni – è invitato esaminare rapidamente le proposte fatte dalla Commissione”. Sugli altri fondi concordati fino ad ora per i Paesi terzi, però, all’impegno delle capitali sono corrisposti pochi fatti: sugli 1,8 miliardi che gli Stati avevano assicurato per l’Africa sono stati effettivamente versati poco più di 81 milioni di euro.
Nel lungo termine, poi, il Consiglio appoggia la proposta della Commissione per dare vita ad una sorta di piano Juncker esterno all’Ue. Il Consiglio chiede che un progetto “ambizioso” in questa direzione sia formalizzati “entro settembre 2016” ed assicura che sarà esaminato “come priorità dal Parlamento europeo e dal Consiglio”.