Bruxelles – Ci sono quattro Paesi che hanno presentato delle petizioni a Bruxelles sull’energia solare negli ultimi anni. Sono Belgio, Germania, Italia e Spagna. Si potrebbe dire “soprattutto Spagna”, visto che è da Madrid e dintorni che arriva il maggior numero di proteste nel settore. Lo rivela un’analisi approfondita commissionata dall’Ue alla ricercatrice Jenny Winkler e presentata in Parlamento.
L’indagine svela i motivi per cui oggi molti degli spagnoli che hanno investito nell’energia solare si trovano in grandi difficoltà economica. Nel 2007 in Spagna c’è stato un “boom” del fotovoltaico. In quel periodo il governo garantiva elevati livelli di sostegno per le tariffe, oltre che premi. Inoltre i costi delle cellule erano ridotti e l’accesso al credito, dall’altra parte, molto facile. Ma, in un settore come quello delle rinnovabili che già di per sé è rischioso, l’instabilità politica del Paese e la crisi finanziaria hanno portato a un cambiamento dello scenario. I costi delle rinnovabili sono saliti in fretta. L’Unione europea ha posto – con la direttiva 2009/28 – dei target energetici vincolanti da raggiungere entro il 2020. E questo ha contribuito a dare sostegno anche ad altre tecnologie e a regolamentare le tariffe al dettaglio. Tutti provvedimenti che hanno affossato il settore dell’energia solare spagnolo con un continuo cambiamento delle leggi incentivato anche dal fatto che siano state applicate norme retroattive.
Così, la Spagna del 2016 si ritrova ad essere un Paese dove l’arresto degli investimenti energetici è quasi totale e dove il numero delle cause in tribunale è elevatissimo. Il suggerimento della relazione, a questo proposito, è dunque che “il Parlamento europeo eserciti più pressione per implementare i regimi di sostegno delle rinnovabili”.
Lo scenario è negativo anche per quel che riguarda l’autoconsumo. In Spagna ora si finanziano solo “alti tassi di autoconsumo”. La remunerazione è scarsa e le agenzie devono pagare una tassa solare (“solar tax”) che impone ai produttori di fotovoltaico di versare dei soldi in base all’energia prodotta. I posti di lavoro persi da quando il regolamento ha iniziato a cambiare e ricambiare – almeno dieci volte, secondo gli spagnoli presenti in aula – sono stati 25mila. Solo un quadro europeo dove il supporto alle rinnovabili sia più chiaro, e non variabile a seconda delle diverse giurisdizioni dei singoli Stati membri, potrà portare a un cambiamento. Lo dice lo studio stesso, “le petizioni da sole non potranno portare a un miglioramento significativo”.