Bruxelles – Lo spettro del terrorismo continua a infestare l’Europa. Due giorni fa in Belgio ancora paura in seguito ad una vasta operazione di polizia che ha interessato 16 Comuni tra Bruxelles e la Vallonia e ha portato all’arresto di 3 persone. L’Unione europea deve fare i conti con una scomoda verità: nonostante l’incitamento al terrorismo provenga principalmente dall’estero, la maggior parte degli atti terroristici sono stati commessi per mano di cittadini dell’Ue. Per questo l’Unione stessa, con i suoi Stati membri ed i Paesi partner, cerca con vari programmi di lottare contro il terrorismo a partire dalle sue cause profonde. Perseguendo questo obiettivo è fondamentale però mantenere il pieno rispetto dei diritti dei cittadini, suggerisce la Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo per il 2015, cosa che Bruxelles rivendica di aver fatto.
Nel rapporto si sottolinea che gli attentati di gennaio a Parigi hanno generato una risposta da parte dell’Ue conforme al rispetto del diritto internazionale e degli standard internazionali sui diritti umani, nel contrastare la radicalizzazione, il reclutamento di persone e nell’affrontare le cause alla base della radicalizzazione come conflitti, povertà, proliferazione delle armi e fragilità degli Stati. In questo contesto si è rivelato un prezioso strumento la Radicalisation Awareness Network (Ran), una rete nell’Unione europea di 2000 professionisti volta ad individuare e condividere le migliori pratiche nella prevenzione della radicalizzazione. Tra queste anche lo sviluppo di narrazioni alternative per prevenire la radicalizzazione fin dalle sue fasi iniziali e per contrastare la propaganda terroristica sui social media.
Nel febbraio del 2015, le conclusioni del Consiglio affari esteri sull’antiterrorismo proponevano di combattere il radicalismo e l’estremismo violento sostenendo le istituzioni ispirate dal Forum antiterrorismo globale (Gctf), come il Centro internazionale di eccellenza per contrastare l’estremismo violento (Cve) , il Global Community Engagement and Resilience Fund e l’Istituto Internazionale per la giustizia e lo stato di diritto. Tali istituzioni promuovono strategie nazionali di lotta al terrorismo, si concentrano sulle cause più profonde del fenomeno e promuovono la tolleranza e la comprensione tra persone e società, fornendo una formazione innovativa per potenziare l’antiterrorismo e lo stato di diritto. Il report evidenzia che in questo processo è fondamentale garantire che il rispetto della libertà di opinione e di espressione siano integrate nello sviluppo delle politiche e dei programmi relativi alla lotta contro il terrorismo.
Altri progressi nell’Ue, tra cui quelli relativi alla strategia del mercato digitale, hanno sottolineato che il bisogno di sicurezza e la lotta contro la diffusione dei contenuti illeciti devono essere perseguiti senza danneggiare o intaccare i diritti umani, in particolare la libertà di espressione. Dato che i programmi che puntano al rafforzamento delle misure antiterroristiche sono spesso messi in opera in Paesi dove risulta una debole protezione dei diritti umani, è più che mai necessario in tali contesti bilanciare questi ultimi con le considerazioni sulla sicurezza. A riguardo la Commissione europea ha sviluppato una guida operativa per garantire che i diritti umani siano presi in considerazione durante l’intero ciclo delle azioni di lotta contro il terrorismo e contro la criminalità organizzata, comprese le iniziative per combattere il crimine informatico.