Bruxelles – Gli edifici inquinano e consumano energia, anche in Europa. Nel Vecchio continente i palazzi sono i responsabili del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di Co2. Serve un cambiamento, soprattutto se si vogliono raggiungere i target energetici stabiliti dall’Ue per il 2020 e il 2030. Di questa difficile sfida, in una prospettiva internazionale con ospiti da Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, si è parlato durante la Sustainable Energy Week nel panel “Come migliorare l’efficienza energetica negli edifici di oggi”.
Il quadro normativo non è ancora chiaro: la direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia (EPBD) è in revisione e la proposta per la stesura di quella nuova è prevista per quest’anno. Una linea comune è difficile da trovare, ma è l’obiettivo più urgente da raggiungere, in un’Europa che si deve muovere su due livelli. “Uno è quello che stabilisce i criteri per i nuovi edifici, l’altro è quello che si occupa di rinnovare i palazzi già esistenti”, ha ricordato Jens Laustsen coordinatore dell’Azione concertata sul rendimento energetico nella direttiva edifici .
La maggior parte degli edifici delle città europee deve essere rinnovata. Molti dei palazzi da ammodernare staranno in piedi ancora per anni (almeno fino al 2050) e dovranno convertirsi a standard energetici che neanche esistevano quando sono stati costruiti. Per questo “l’80% circa degli Stati membri ha rinnovato i suoi codici di costruzione o lo farà entro il prossimo anno”, ha assicurato Laustsens. L’esempio da seguire è quello della Germania. Negli ultimi anni i tedeschi hanno rinnovato diversi edifici grazie a nuovi codici edili. Dove sono state realizzate le modifiche, si è arrivati ad avere un risparmio energetico del 90%.
Per gli edifici che verranno realizzati da zero “è più facile essere ottimisti”, perché gli obiettivi del 2020 impongono nuove certificazioni e controlli. Gli Stati membri possono decidere di effettuare le verifiche prima che i lavori partano, mentre sono in corso, o anche a due anni dal termine della costruzione. La Danimarca è lo Stato europeo più all’avanguardia: già nel 2010 aveva informato le aziende e i cittadini su quali sarebbero stati gli standard europei del 2020. Tutte le costruzioni, da quel momento in poi, sono state realizzate puntando sul risparmio energetico. “Hanno fatto qualcosa orientato al futuro, qualcosa che abbracciasse obiettivi fissati a dieci anni di distanza”, ha commentato Laustsens che ha poi ricordato che, entro il 2021, tutti gli edifici europei dovranno essere “nearly zero-energy buildings“ (cioè con un consumo energetico pari quasi a zero).
Anche nel resto del mondo si lavora per arrivare ad avere palazzi che vivano con poca energia e inquinino ancor meno. Gli Usa hanno scelto un approccio più locale, legato al territorio. Con piani per il risparmio energetico già testati nelle città di Washington, Seattle, San Francisco e New York e dozzine di iniziative da portare avanti con enti locali. La Corea del Sud, invece, ha investito molto nel rinnovo delle costruzioni già esistenti ripensando il sistema delle certificazioni energetiche e mappando gli spazi per vedere dove e come agire, oltre che come attirare gli investitori nel mercato. Anche il Giappone ha puntato sullo studio del territorio con un progetto di eco-design che l’Europa ancora non ha. Ma che dovrà pensare e attivare entro il 2030, l’anno in cui riscaldamento e aria condizionata delle case dipenderanno in gran parte dalle rinnovabili.