Bruxelles – Purtroppo non è solo la strage di Orlando. Di omofobia e transfobia ancora oggi troppo spesso si muore, non si tratta di una causa ‘marginale’. L’avversione contro la comunità Lgbti è un ricorrente movente per violenze, bullismo e mobbing.
Orlando non è un caso isolato: tanto negli Stati Uniti quanto nell’Unione europea si sono verificati sia attacchi contro discoteche gay sia omicidi e violenza contro i singoli. Anche a Roma, nel febbraio del 2008, il locale gay Coming out è stato assalito e dato alle fiamme. I numeri relativi a questo genere di brutalità sono sicuramente preoccupanti, ma lo è ancora di più la loro scarsa comunicazione. Come racconta il report stilato da Arcigay, in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, in un anno (dal 17 maggio del 2015 allo stesso giorno del 2016) sono stati registrati 104 episodi di omotransfobia in Italia. Ma questi sono solo gli eventi denunciati e che hanno attirato l’attenzione dei media, in cui è evidente il movente di odio omosessuale: in pratica si tratta solo della punta dell’iceberg. La discriminazione contro la comunità Lgbti ha anche un volto meno “brutale” ma non per questo meno aggressivo, che si manifesta nelle offese, nella disparità di trattamento e nell’emarginazione. Senza dimenticare i casi più “istituzionalizzati” e pubblici, come le iniziative delle Sentinelle in piedi o i Family day. A questo si aggiungono i numerosi terapeuti che promettono di “guarire” l’omosessualità, le condanne e gli esorcismi da parte di esponenti religiosi.
Soprattutto gli adolescenti (ma non solo) sono le principali vittime di questi pregiudizi, tanto che il tasso di suicidi tra giovani omosessuali è nettamente più elevato che tra i coetanei eterosessuali. Tra di loro un ragazzo di Roma di 14 anni che ad agosto del 2013 è saltato dal terrazzo della sua casa per paura di non essere accettato a causa della sua omosessualità.
In Italia, anche limitandosi agli anni 2000, gli episodi di omofobia sono innumerevoli, molti dei quali per mano della famiglia: nel maggio 2008 un padre ha accoltellato il figlio in quanto omosessuale; più di recente, a dicembre 2015 a Milano, il pubblico ministero Antonio Calaresu ha imposto ai genitori di una ragazza di non avvicinarsi entro i 400 metri, dopo che la giovane era stata segregata e torturata per 9 mesi a causa del suo orientamento omosessuale. E anche quest’anno, a marzo, una caso di violenza familiare a Genova, dove un genitore ha ferito fisicamente il proprio figlio di 20 anni che aveva confessato di essere gay. Nell’agosto del 2011, vicino Foggia, un uomo di 36 anni è stato accoltellato 19 volte dal fratello minore che lo riteneva “un disonore per la famiglia”. Ma gli abusi sono stati compiuti anche da forze dell’ordine, come quando nel 2000 tre membri delle forze dell’ordine hanno aggredito due uomini gay a causa del loro orientamento.
Per non parlare di episodi di aggressione e insulti, delle tante scritte sui muri che compaiono nelle città incitando all’odio e delle più piccole discriminazioni che infestano la vita di tutti i giorni. Una vicenda eclatante è stata quella del diciannovenne Danilo Giuffrida, di Augusta vicino Siracusa, che, nel 2001, dopo aver dichiarato di essere omosessuale nel corso della rituale visita di leva, è stato esonerato dal servizio militare. In seguito la Marina militare ha deciso di informare l’Ufficio della Motorizzazione civile di Catania che ha negato la patente al giovane. Dopo diverse vittorie in tribunale, il 22 gennaio dello 2015 la Corte di Cassazione ha confermato il comportamento omofobico tenuto dalla pubblica amministrazione.