Bruxelles – La Commissione europea può obbligare l’Italia ad abbattere gli ulivi potenzialmente infettati dal batterio Xylella fastidiosa, anche se non presentano sintomi d’infezione, se si trovano comunque in prossimità delle piante già infettate. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Ue secondo cui “questa misura è proporzionata all’obiettivo di protezione fitosanitaria nell’Unione ed è giustificata dal principio di precauzione”, tenuto conto “delle prove scientifiche di cui la Commissione disponeva al momento della sua adozione”.
La Corte sottolinea che sebbene i pareri scientifici non abbiano dimostrato l’esistenza di un sicuro nesso causale tra il batterio Xylella e il disseccamento rapido degli ulivi, risulta però da questi stessi pareri che “esiste una correlazione significativa tra tale batterio e la patologia di cui soffrono gli olivi”, e quindi “il principio di precauzione può dunque giustificare l’adozione di misure di protezione, come la rimozione delle piante infette, e ciò quand’anche sussistano incertezze scientifiche al riguardo”.
Questa sentenza “è importante per dare chiarezza e per raggiungere e mantenere un alto livello di protezione della salute delle piante”, ha affermato il portavoce dell’esecutivo comunitario Enrico Brivio che si felicita del fatto che la Corte “conferma la posizione della Commissione secondo cui la rimozione degli alberi potenzialmente infetti in queste aree è, in combinazione con altre misure, l’opzione disponibile più efficace per assicurare l’eradicazione di questo organismo dannoso”. Adesso, ha continuato il portavoce, “ci aspettiamo che le autorità italiane mettano in atto le misure che sono state decise a livello europeo”, tenendo presente che “il ritardo nell’implementare le misure ha contribuito alla diffusione in corso della malattia”.
Nel 2015 la Commissione per rispondere allo scoppio dell’epidemia ha, tra le proteste degli ambientalisti, imposto all’Italia di procedere alla rimozione immediata in Puglia delle piante ospiti del batterio Xylella, indipendentemente dal loro stato di salute, se situate in un raggio di 100 metri attorno alle piante infettate da tale batterio. Il tutto senza prevedere un indennizzo per gli agricoltori.
Da un lato, afferma la Corte, “tale misura fa seguito all’adozione da parte della Commissione, nel 2014, di misure meno gravose che non hanno consentito di impedire la propagazione del batterio nella parte settentrionale della provincia di Lecce”. E dall’altro lato “la Commissione ha rinunciato ad imporre la rimozione delle piante ospiti situate in prossimità delle piante infette in presenza di alcune circostanze, ossia quando, come nel caso della provincia di Lecce, l’eradicazione del batterio Xylella non è più possibile”. Inoltre, aggiunge la Corte “l’adozione di misure meno gravose non risulta possibile, in quanto non esiste attualmente alcun trattamento che consenta di guarire in campo aperto le piante infette”.