Bruxelles – “L’anno scorso ero venuto qui per presentare il progetto dell’unione energetica che la Commissione aveva inserito tra le sue priorità. Ora sono tornato per fare il punto della situazione”. Traguardi raggiunti e nuove sfide in materia di energia sono stati al centro del discorso del vicepresidente della Commissione Maros Sefcovic, intervenuto oggi al congresso annuale della Bdew (Associazione tedesca delle industrie dell’energia e dell’acqua), a Berlino.
Gli ultimi 15 mesi sono stati “molto intensi”, ha ricordato Sefcovic. A febbraio è stata presentata la strategia per l’Unione energetica, poi, pochi mesi dopo, è arrivato il primo pacchetto legislativo. Intanto continuava il dialogo con gli Stati membri sui principali temi della strategia: dall’ettichettamento energetico fino a un piano di decarbonizzazione dell’economia. Il tutto cercando di trovare dei livelli standard da rispettare in Europa, soprattutto per ambiti come la sicurezza energetica, l’interconnettività, la concorrenza sui mercati nazionali, il raggiungimento degli obiettivi climatici e i prezzi dell’energia.
Sefcovic ha ricostruito l’agenda frenetica dell’Energy Union fino ad arrivare all’ultimo traguardo raggiunto, lo scorso lunedì. Si tratta dell’intesa sulla cooperazione energetica tra i Paesi dei mari del Nord, firmata da otto Stati membri, dalla Norvegia e dalla Commissione. “Quest’iniziativa mi sta a cuore. Durante il mio tour dell’energia, ho visto e sentito molte volte la necessità di cooperare meglio nel mare del Nord. Quest’area ha un enorme potenziale per l’energia offshore, soprattutto nel settore eolico”.
Ora che le linee guida sono tracciate, bisogna guardare al futuro. Sefcovic lo fa parlando del modello delle “Sei D”. Vale a dire: decarbonizzazione dell’economia, diversificazione delle risorse, democratizzazione del sistema energetico, decentralizzazione dei sistemi che generano energia, digitalizzazione e, infine, frammentazione dei modelli di business per creare nuovi posti di lavoro. Rispettare questi passaggi sarà cruciale, visto che “l’Agenzia internazionale per l’energia ha previsto che entro il 2040 la domanda globale nel settore energetico crescerà del 30%”.
Gli investimenti giocheranno un ruolo cruciale. Gli Stati membri dovranno aprire il dialogo a più investitori e insistere sulla ricerca e sull’innovazione con i fondi disponibili. In parte lo si sta già facendo. Lo dimostrano progetti come Horizon 2020, dove ci sono 80 miliardi di euro di fondi disponibili per 7 anni. Importanti, in questo contesto, anche i fondi strutturali che, come ha ricordato il commissario, contribuiscono con 23 miliardi di euro allo sviluppo di progetti energetici. Nel corso degli anni poi, il Piano Junker dovrebbe sbloccare investimenti sia pubblici che privati per 315 miliardi.