Bruxelles – Dici Ibrahomovic e dici tutto. Il calcio è lui, anche se per sua stessa ammissione. Arrogante oltre il limite, provocatore sempre e comunque, perché nessuno è come lui. Gol e trofei: il campo gli ha dato ragione, portandogliene via probabilmente un altro po’, di ragione. Sempre lucido però col piede e con la testa, per gol fulminanti quanto le sue parole. Personaggio controverso, ma leader dei club e della nazionale. La sua, quella svedese, deve molto al suo talento. Tanto che dicono che se la Svezia parteciperà a Francia 2016 è grazie alle prestazioni di “Ibra”. Ibrahimovic simbolo di uno sport, di una nazione, di una competizione. Ibrahmovic simbolo, punto e basta. Anche per la Commissione europea, che ne fa l’esempio per antonomasia dell’accoglienza e dell’integrazione.
Una sottolineatura quasi doverosa in tempi di crisi per la gestione del fenomeno migratorio e alla vigilia dei campionati europei, al via tra poco più di 48 ore. Frans Timmermans, primo vice presidente dell’esecutivo comunitario con una passione per il calcio, ha usato Ibra a modello. “La prossima settimana vedremo ai campionati europei Zlatan Ibrahimovic tra le star della competizione, il figlio di persone scappate dalla guerra dei Balcani venti anni fa, oggi orgogliosamente svedese e orgoglio per la Svezia. Vediamo quanti Ibrahimovic avremo tra vent’anni in Svezia”. Caro Timmermans, non ne avremo nessuno, perché come Zlatan c’è soltanto Zlatan.
Dimenticate il rispetto, scordatevi la sua amicizia. Eccentrico, scontroso, egocentrico, Ibrahomivic può essere un riferimento calcistico, ma non certo un esempio di bon-ton e diplomazia. Di lui raccontano che al suo arrivo all’Ajax, incontrando per la prima volta i nuovi compagni di squadra si presentò così: “Io sono Zlatan, e voi chi cazzo siete?”, anche se la versione inglese della storia è diversa nei toni (“I am Zlatan, who the hell are you?”). Leggende dovute a un temperamento non dei migliori, certamente non dei più simpatici. Scontroso con la stampa meno amica (“che cazzo guardi?!”, disse una volta rivolgendosi a una giornalista italiana), si autodefinì Dio in conferenza stampa. “Ce la farà la Svezia a passare il turno?”, gli chiesero. E lui: “Solo Dio lo sa”. “E’ un po’ difficile chiederglielo”. “Ce l’hai davanti”.
Lui, semplicemente Zlatan. Manie di grandezza e di protagonismo, la prima donna e il primo attore, tutto allo stesso tempo. Uno dei pochi ad aver intessuto un grande legame con Josè Mourinho, un altro non certo noto per la simpatia. Nella sua natura divina si permette di infangare davanti alle telecamere un Paese intero (e che Paese!). Una sconfitta Ibrahomovic non la accetta, specie se per via di un direttore di gara – così almeno disse lui – non all’altezza. “In quindici anni di calcio, non ho mai visto un arbitro peggiore di questo, in questo Paese di merda”. A Marine Le Pen non sembra vero: Ibrahomovic è per lei uno svedese di origini croate. Chiamatelo pure immigrato. “Chi considera la Francia un Paese di merda, può anche andarsene”. Ibrahimovic resta, perché lui e solo lui può decidere per Ibrahimovic. Continua la sua carriere nel Psg e continua a farlo vincere. Le scuse, comunque, non arrivarono mai. “Se ho offeso qualcuno mi scuso”, disse. Salvo poi aggiungere subito dopo: “Non ho problemi a farlo, perché sono un uomo d’onore e sono convinto delle mie idee”. Scuse queste?
Ha ragione Timmermans quando dice che Ibra è un simbolo di immigrati che lasciano tutto e si ricostruiscono una nuova vita altrove. Ma ha ragione solo in questo. Sostenere che lo svedese sarà “tra le star” di Francia 2016 è non capire il personaggio. Non possono esserci star quando c’è Ibra. Perchè l’unica stella a brillare è quella di Ibra. Tale è la sua (mania di) grandezza da arrivare a criticare il presidente della repubblica. “Che presidente è Hollande? Ho fatto molto più io, per la Francia, di quanto lui abbia mai fatto”. E’ l’ultimo passo del verbo di Zlatan, Signore per nulla gentleman. La Francia lo accoglierà il 13 giugno, per la prima gara della Svezia (contro l’Irlanda allo Stade de France, il più importante. Un caso?), lui si presenta con l’intervista a LeMonde in cui spara contro l’inquilino dell’Eliseo. “Non ha avuto la fortuna di conoscermi. Posso renderlo popolare quando voglio, ma non so se ho voglia”. Quanti Ibrahimovic avremo tra vent’anni? Nessuno, mister Timmermans. E forse è meglio così.