Roma – Continuano le critiche provenienti dall’Italia contro la proposta di regolamento europeo sulla sicurezza degli approvvigionamenti di gas. Ieri erano state Snam e l’Autorità per l’energia a muovere rilievi nei confronti del pacchetto all’esame del Parlamento Ue. Oggi è l’Eni a lamentarsi, con una memoria inviata alla commissione Attività produttive di Montecitorio, che sta esaminando il provvedimento per esprimere il parere di sussidiarietà.
Anche per il colosso italiano degli idrocarburi il problema principale è il meccanismo di gestione delle emergenze, che ”rischia di limitare la possibilità per gli Stati membri di definire e attuare le azioni più opportune in caso di crisi che coinvolgano più Paesi e/o rotte di fornitura”.
Per Eni, sono troppo rigide le macroregioni definite dal regolamento. Si tratta di aree formate in media da 3 o 4 Stati membri, le cui sorti sono strettamente legate, dunque, e in caso di improvvisa interruzione della fornitura in uno di questi, gli altri sono obbligati a ridurre i consumi per garantire comunque un po’ di gas al Paese in difficoltà. “Confinare gli Stati membri all’interno di gruppi predefiniti ed esclusivi”, scrive Eni, “rischia di limitarne la capacità di reagire a possibili diversi scenari di interruzione delle forniture (anche da parte di più fornitori contemporaneamente)”.
Qualora uno Stato membro dichiari l’emergenza, il regolamento prevede che, finché non sia assicurata la fornitura ai clienti protetti di questo Stato, non potrà essere assicurata la fornitura ai clienti non protetti degli altri Stati membri direttamente interconnessi. Un meccanismo che, denunciava ieri l’Autorita per l’energia, senza definizioni adeguate di ‘clienti protetti’, quelli ai quale deve essere garantita la fornitura, rischia di paralizzare il sistema produttivo dei Paesi che devono assistere il vicino in difficoltà.
Eni critica non solo la rigidità di considerare quasi dei compartimenti stagni le regioni individuate, ma anche il modo in cui sono state disegnate queste aree, che “non riflettono in maniera realistica l’attuale struttura del mercato europeo, e in particolare le interconnessioni esistenti tra gli Stati membri, nonché i flussi di trasporto e di transito di gas”.
Il cane a sei zampe propone una soluzione. “Per salvaguardare l’approccio regionale alla sicurezza, superando al contempo i limiti appena descritti, è necessario esplicitare la possibilità per gli Stati membri di far parte, in modo non esclusivo, di più regioni”. Dunque, suggerisce il documento, “ogni Paese Ue dovrebbe poter partecipare a più gruppi regionali contemporaneamente”.