Bruxelles – Où est Strasbourg? Città di confine, crocevia di culture, un agglomerato di storia e storie, e punto di snodo del percorso dell’Europa prima perduta e poi ritrovata. Un luogo simbolo perché simbolico, di distruzione e ricostruzione. Parigi, Marsiglia, Lens, Tolosa, Bordeaux, Saint-Etienne, Saint-Denis, Nizza, Lione, Lille. E Strasburgo? Strasburgo non c’è, Francia 2016 non passerà di qui. Ci transitano gli europei, ma non gli Europei, quelli senza la E maiuscola, probabilmente da assegnare ai cittadini di un progetto comunitario mai così incompreso come oggi. Non sarà la capitale del calcio, Strasburgo. Tradizioni e scelte, che in un momento di euro-scetticismo potevano essere riviste. Francia 2016 poteva e può essere l’occasione per riscoprirsi, e forse tutto questo poteva avvenire proprio qui. Ci hanno messo anche la sede del Parlamento europeo in città, con la polemica del doppio palazzo mai interrotta da quando vollero l’Aula a riunirsi in quell’Alsazia terra di mezzo di conflittualità europee in salsa franco-tedesca.
Avrebbe tutto per ospitare gli europei: uno stadio, strutture ricettive, capacità di accoglienza. Ma non se ne farà niente. E pensare che l’ultima volta, nel 1984, portò anche fortuna: l’ultimo europeo francese lo vinsero i padroni di casa. Li guidava un certo Michel Platini, migliore di sempre dei blues fino all’avvento di Thierry Henry, che si prenderà poi i record di presenze e di gol in nazionale. Già, la nazionale. Stavolta a Strasburgo non si vedrà. Per la verità non si vide nemmeno nel 1984: Danimarca-Belgio e Germania Ovest-Portogallo furono le uniche partite giocate allo Stade de la Meinau di tutta la manifestazione, entrambe nel corso della fase a gruppi. Poi basta, nazionale addio, e adieu al calcio. I mondiali del 1998, sempre francese per organizzazione e vittoria finale, non si disputarono mai a Strasburgo. Questione di scelte, allora come oggi. Se chiederete in città vi diranno che è meglio così. La tranquillità non ha prezzo, e la presenza di turisti e tifosi il prezzo della vita lo rende più caro. E poi c’è il Parlamento europeo, croce e delizia di Strasburgo. La settimana del mese in cui i lavori si spostano qui, è la meno amata dagli abitanti. Tutto diventa più caro, tutto diventa improvvisamente più caotico, il velo di equilibrio che questa città cerca da sempre si strappa. Routine è un parola francese a cui tengono molto, da queste parti. La Fff, la Figc francese, ha sondato il terreno senza trovare niente. La cittadinanza ha detto “non, merci”, in alcuni casi forse anche “nein, danke”. Cambia la formula, non la sostanza.
Resterà lì dove ha scelto di stare, nei bar e nelle piazze, a guardare dai maxischermi quello che succederà tutto intorno, pronti a festeggiare quando arriverà il momento di farlo. Perché da qui alla fine, tutti tiferanno qualcuno. Il Consiglio d’Europa, con tutte le diverse nazionalità delle delegazioni presenti, a differenza del Parlamento europeo non chiude mai, a Strasburgo è di casa. Qualcuno andrà anche vederlo di persona, questo Euro 2016, come sempre avviene quando ci sono i campionati europei di calcio. Andrà per un po’, per poi tornare. Normale per le città di frontiera, dove si entra e si esce, centri che non si scompongono né vogliono scomporsi. Perché se la nazionale francese vorrà, la storia passerà comunque di qui. Come sempre, del resto.