Bruxelles – A un anno dalla creazione del Fondo europeo per gli investimenti strategici (Efsi), cuore del Piano Juncker, per Bruxelles è possibile tracciare un primo bilancio. Finora sono stati mobilitati 100 miliardi di euro, poco meno di un terzo dei 315 previsti. La maggior parte dei finanziamenti sono andati a progetti riguardanti il settore energetico (29%), seguito da Ricerca, sviluppo e innovazione (23%).
Ricerca e innovazione – La Banca europea per gli investimenti (Bei) ha investito finora 990 milioni di euro e si attende di generare un totale di 3,81 miliardi di investimenti. Secondo la Commissione Ue, è infatti “essenziale mobilitare capitali privati in diversi settori legati a ricerca sviluppo e innovazione, come nuove tecnologie, bio-economy, economia circolare, salute e benessere, nuove tecnologie energetiche per i trasporti, ma anche permettere l’accesso ai finanziamenti a pmi o strutture di ricerca per riempire il gap di investimenti” che si registra in questo momento. Bisogna ricordare anche che nel bilancio 2014-2020, 118 miliardi sono stati dedicati a ricerca-innovazione e Mercato unico digitale.
Agri-tech – Si tratta di un settore finora minoritario all’interno del Piano Juncker, ma non per questo meno importante. Ad oggi, sono stati finanziati solo 4 progetti in tutta Europa nel settore agricolo: in Finlandia, Francia, Polonia e Grecia. La Commissione stima però che l’attuale gap d’investimenti in agricoltura, silvicoltura, economia circolare e bio-economy ammonti a 9 miliardi di euro. Per questo Bruxelles vuole trovare il modo di spingere maggiormente gli investitori privati a muovere capitali in questi settori. “L’Agri-tech è attualmente un ‘big business’ per l’Ue – scrive la Commissione – ha un potenziale d’esportazione in crescita. Lo sviluppo digitale a livello delle aziende agricole è tuttavia ancora indietro rispetto ai concorrenti globali, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie aziende. L’Efsi può aiutare a riempire questo vuoto”.