Bruxelles – “Il Colosseo a Roma, l’Acropoli ad Atene e l’Alhambra a Granada richiesero ai loro tempi grandi investimenti. E sono piuttosto sicuro che se le persone che misero i soldi sul tavolo avessero focalizzato la loro attenzione sui dati trimestrali a breve termine, non avrebbero fatto quegli investimenti”. È partendo dai grandi esempi del passato che il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha spiegato durante lo European business summit quello che l’Europa dovrà fare nel futuro. E cioè concentrarsi di più sugli investimenti e sui risultati di business a lungo termine.
La tendenza delle aziende è mostrare agli azionisti i risultati raggiunti in un breve periodo di tempo. Ma questo, ha spiegato Dijsselbloem, “fa scendere il livello di investimenti in Europa e fa scendere la crescita sul lungo periodo e l’occupazione. È per questo che una delle nostre più grandi sfide è assicurarci che le società reindirizzino una buona parte della loro attenzione dal prossimo trimestre ai prossimi dieci anni”.
Per arrivare a un’ Europa dove le società pianificheranno investimenti a lungo termine, aiutate anche dai governi, serve collaborazione. Alcuni passi sono già stati fatti, con la creazione dell’unione bancaria e con la capital market union. E la presidenza Olandese ha lavorato molto su nuove regole che puniscano l’evasione fiscale delle imprese in Europa. Ma ancora non basta.
Secondo Dijsselbloem restano da superare tre ostacoli. Vale a dire: l’asimmetria delle informazioni, la remunerazione e la natura umana. Sul primo punto il presidente sostiene che “gli investitori possono vedere i risultati sul breve periodo delle politiche aziendali, ma è molto più difficile farlo con quelli a lungo termine”. “Quando però le strategie dei tempi corti falliscono, i manager possono dire abbastanza facilmente che quelle cifre non sono del tutto deludenti, perché la società ha aumentato il suo valore nel lungo periodo, anche se non è quello il caso”. La visione d’insieme è usata più come scusa dunque, che come dato per la pianificazione.
Anche il sistema di remunerazione va rivisto, perché si basa su un modello che dipende da risultati a breve termine. “Possiamo risolvere il problema ripensando strutture di remunerazione variabili” ha detto Dijsselbloem che ha scelto come esempio quello del suo Paese, l’Olanda, dove il Codice di Autodisciplina promuove le politiche di remunerazione che stimolano la creazione di un valore a lungo termine.
Il terzo ostacolo “è la semplice natura umana”. L’economia comportamentale ha rivelato che le persone pianificano in maniera povera, cercano cioè di estrapolare i risultati futuri basandosi su quelli passati. “Ma c’è di più, tendiamo a dare più importanza a quello che otteniamo nell’immediato e a ignorare le sfide future”, ha sottolineato il presidente. È la tendenza che il premio Nobel all’economia Daniel Kahneman chiama “pianificazione errata”: il tempo e il capitale richiesto per completare gli obiettivi futuri, e i rischi che questo comporta, vengono sistematicamente sottostimati. Dijsselbloem ne è al corrente, ma sa anche che modificare la natura umana non è cosa facile. “Essere coscienti però, è l’inizio per cambiare comportamento”.