Bruxelles – L’Unione europea si schiera dalla parte di Airbnb e Uber, e chiede agli Stati di armonizzare le regole per le società di sharing economy. Lo rivela il Financial Times, rilasciando alcune anticipazioni sulle linee guide che la Commissione europea pubblicherà prossimamente. Il giornale spiega che “una direttiva coerente in tutta l’Ue potrebbe essere una spinta per i business del settore, facilitando le aziende che non dovranno più barcamenarsi tra 28 diverse leggi nazionali”.
In Europa la diffusione di questi servizi ha raccolto reazioni contrastanti, e se Uber è stato ben accettato in Gran Bretagna, lo stesso non si può dire della Francia, dove gli amministratori della società sono stati citati in tribunale, rischiando cinque anni di carcere e multe salatissime. Anche Airbnb è stato messo sotto torchio, in particolare in Germania, dov’è stato introdotto il divieto di affittare interi appartamenti attraverso il sito web, con multe fino a 100mila euro per i trasgressori.
La Commissione ha fatto notare che “questo tipo di soluzioni sono difficili da giustificare e andrebbero adottate solo come ultima spiaggia”. L’esecutivo comunitario proporrebbe quindi misure più leggere, come l’introduzione di limiti al numero di giorni in cui è possibile affittare le proprie case. Il rating, meccanismo utilizzato dalle piattaforme come Uber per aumentare la fiducia dei clienti, è uno degli elementi su cui puntare secondo l’Unione, ritenendolo utile per i consumatori.
Anche in Italia ci si muove sul tema: una proposta di legge sulla sharing economy, detta “Sharing economy Act”, è stata firmata e presentata alla Camera dei Deputati all’inizio di marzo. Lo scopo delle nuove norme è “disciplinare le piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi” e “promuovere l’economia della condivisione”. La proposta riguarda anche il lato fiscale, imponendo una tassa con aliquota del 10% sui guadagni ricavati grazie a queste piattaforme. La norma vale per redditi inferiori a 10mila euro annui. Una volta superata questa cifra, il reddito ottenuto dalle piattaforme digitali sarà cumulato a quello realizzato con il lavoro dipendente o autonomo e all’insieme sarà applicata l’aliquota corrispondente. Le piattaforme agiranno da sostituto d’imposta, trattenendo la cifra e versandola direttamente all’erario per conto degli iscritti. Infine saranno eliminate le tariffe fisse, come il concetto stesso di sharing economy prevede.