Roma – Se il 23 giugno i cittadini britannici decideranno per l’uscita del Regno unito dall’Ue, la Brexit potrebbe riflettersi “in rinnovate turbolenze dei mercati finanziari”, cosa che “nell’area euro potrebbe far aumentare i differenziali di rendimento tra titoli di Stato (gli ormai ben noti spread, ndr) e i costi di servizio del debito pubblico”. L’allarme arriva dall’Ocse. Nel suo Economic outlook semestrale, pubblicato oggi, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo segnala il pericolo in particolare per l’Italia, dove lo scenario appena descritto “richiederebbe maggiori restrizioni di bilancio”. In altre parole: un ritorno a politiche di maggiore austerità.
Il report denuncia poi l’insufficienza della politica monetaria nel perseguire l’uscita dalla crisi. Secondo gli analisti dell’Ocse, la leva monetaria è stata il principale strumento di spinta dell’economia, ma da sola non basta, “ora è la politica fiscale che deve essere usata in modo più ampio, aumentando gli investimenti pubblici che rafforzino l’attività economica”. Per l’istituto con sede a Parigi, “ulteriori allentamenti monetari potrebbero rivelarsi meno efficaci che in passato, e in alcune circostanze controproducenti”.
L’analisi descrive un’economia globale caduta nella “trappola della bassa crescita”. Per quest’anno è atteso un aumento del Pil mondiale del 3%, come nel 2015, mentre si aumenterà un po’ il ritmo nel 2017, con una crescita del 3,3%. Si tratta però di stime tagliate di 0,3 punti percentuali rispetto all’outlook precedente e in linea con l’aggiornamento pubblicato a febbraio.
Migliorano invece le prospettive dell’Area Euro, anche se “lentamente”. Ciò è dovuto soprattutto alla politica monetaria della Bce, e “in alcuni Paesi alla spesa pubblica per assistere i migranti”. Le attese per il 2016 segnano un +1,6% del Pil (a febbraio era stimato l’1,4%) e confermano un +1,7% nel 2017.
Ad accelerare sono la Germania, che a febbraio veniva accreditata di una crescita dell’1,3,% per il 2016, mentre l’outlook di oggi la dà a +1,6% quest’anno e +1,7% il prossimo, e la Francia che per l’anno in corso passa dal +1,2% indicato dall’Ocse a febbraio al +1,4% indicato nel report odierno.
L’Italia rimane invece ferma alle stime di quattro mesi fa. Gli economisti Ocse confermano infatti una crescita dell’1% del Pil nel 2016 e dell’1,4% l’anno successivo. La previsione per l’anno in corso risulta quindi in linea con quella del Fondo monetario internazionale (che però indica solo un +1,1% nel 2017), e più pessimistica rispetto a quella della Commissione europea, che attribuisce un +1,1% al nostro Paese per il 2016, e a quella del governo, che nel Def 2016 ha indicato un +1,2%. Come la Commissione europea, anche l’Ocse non crede che il debito pubblico inizierà a calare dal 2016, come indicato dall’esecutivo, ma ritiene che la diminuzione si registrerà a partire dal 2017, quando il debito si attesterà al 131,9% del Pil rispetto al 132,8% di quest’anno (stesso valore del 2015).