Roma – “L’Italia non va più in Europa a prendere lezioni”, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, torna a sfidare l’Ue da Milano – dove si è recato per una serie di impegni, tra i quali tirare la volata al candidato sindaco del Pd, Giuseppe Sala – davanti alla platea di Coldiretti, alla quale ha presentato un decreto che impone di indicare in etichetta, sulle confezioni del latte e dei suoi derivati, il Paese di mungitura, quello di lavorazione e quello di confezionamento.
Si tratta di un richiesta avanzata dagli allevatori italiani che ha trovato risposta in un testo già “firmato e mandato a Bruxelles”, indica Renzi, ben sapendo che dalla Commissione europea potrebbero arrivare rilievi, dal momento che le norme Ue sull’etichettatura non prevedono obblighi così stringenti. Anche se dal Parlamento europeo arrivano segnali incoraggianti, con l’approvazione di una risoluzione che chiede di indicare l’origine della materia prima per prodotti contenenti latte, carne, pesce.
Il decreto, firmato di concerto dai ministri dell’Agricoltura, Maurizio Martina, e dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, impone infatti di scrivere sui prodotti non solo la generica provenienza, ma il Paese di mungitura, quello di lavorazione e quello di confezionamento del latte e dei suoi derivati. Se le tre fasi avvengono in uno stesso Paese, ad esempio l’Italia, è possibile usare la dicitura “Origine del latte: Italia”, se il processi avvengono tutti all’interno dell’Ue ma in Stati diversi, si può scrivere “Origine del latte: Paesi Ue”, mentre si scriverà “Origine del latte: Paesi non Ue” se l’intero processo produttivo avviene all’esterno dell’Unione e, nel caso di processi misti, si indicherà “Origine del latte: Paesi Ue e non Ue”.
Nelle intenzioni la misura dovrebbe garantire maggiore chiarezza ai consumatori, consentendogli di scegliere più consapevolmente. Nella speranza degli agricoltori questo dovrebbe tradursi in un aumento del consumo di latte nostrano, anche per realizzare formaggi e altri derivati. Bisogna vedere se Bruxelles avrà critiche da muovere su un provvedimento che per il premier “richiama giustizia” perché riconosce il diritto di “sapere cosa sto bevendo” o mangiando, e che risponde a un orientamento emerso nell’emiciclo di Strasburgo.