Bruxelles – Crisi dei migranti, attacchi terroristici, episodi di razzismo e violazione della privacy sono alcune delle sfide più rilevanti nate o cresciute nel corso del 2015. Questo è quanto emerge dal rapporto redatto dall’Agenzi europea per i diritti fondamentali (Fra), nel quale sono esaminate situazioni in cui l’applicazione dei diritti fondamentali è messa a rischio. “L’anno scorso, la determinazione dei diritti fondamentali dell’Unione europea è stata messa a dura prova, con assalti alle libertà, ai diritti e ai valori su cui si fonda l’Europa” ha dichiarato il direttore della Fra Michael O’Flaherty. Ed ha ammonito l’Unione e gli Stati membri a “mantenersi saldi nella difesa dei diritti di cui tutti legalmente godono, sia se hanno vissuto in Europa per generazioni sia se sono appena arrivati sulle coste dell’Europa”. Molti dei temi trattati dalla relazione di quest’anno saranno discussi in modo più approfondito durante il Forum sui diritti fondamentali 2016, che si terrà a Vienna dal 20 al 23 giugno.
Questione dei migranti: Secondo Frontex, oltre un milione di persone hanno cercato rifugio nell’Unione europea nel 2015, tracciando un aumento di cinque volte rispetto all’anno precedente. Nello stesso anno si sono contate circa 60 milioni di persone sfollate a causa di persecuzioni, conflitti, violenza generalizzata o di violazioni dei diritti umani. La maggior parte ha raggiunte l’Europa illegalmente via mare, arrivando soprattutto in Grecia ed in Italia con imbarcazioni sovraffollate e insicure, gestite dai contrabbandieri. Il 31% degli arrivi era composto da bambini, spesso non accompagnati. E sono proprio loro ad essere sottoposti ai maggiori rischi durante il viaggio, soprattutto di abuso sessuale e di sfruttamento. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha dichiarato che circa 3.771 persone sono morte nel 2015 mentre attraversava il Mediterraneo e i bambini hanno raggiunto circa il 30% dei decessi nel Mediterraneo orientale. Secondo il rapporto della Fra, uno dei motivi è l’assenza di alternative legali per giungere in Europa, che costringe le persone bisognose di protezione ad affidarsi ai trafficanti, mettendo a rischio la loro vita e la loro integrità fisica. L’agenzia ricorda che ad agosto dello scorso anno 49 migranti che viaggiavano verso l’Italia sono morti nella stiva di una barca a causa dell’inalazione di fumi.
L’agenzia propone di prestare maggiore attenzione alla creazione di vie legali per raggiungere l’Ue e di rivedere l’attuale approccio ai diritti fondamentali presso gli hotspot. Unione e Stati membri dovrebbero provvedere ad un approccio globale, per evitare lacune di protezione e per garantire la dignità umana, il diritto alla vita e all’integrità della persona garantito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. L’agenzia specifica che una manovra utile potrebbe essere quella di garantire che tutte le navi di vedetta siano adeguatamente attrezzate con acqua, coperte e altre attrezzature di pronto soccorso. Inoltre gli Stati membri dovrebbero considerare la possibilità di offrire reinsediamenti, ammissioni per motivi umanitari o altri sistemi di sicurezza per facilitare l’ingresso legale nell’Ue alle persone che necessitano di protezione internazionale.
Razzismo: Gli attacchi terroristici dello Stato Islamico e l’arrivo di un maggior numero di migranti dai Paesi musulmani sono stati due scintille che hanno condotto nel 2015 ad una recrudescenza degli episodi razzisti e xenofobi soprattutto contro le comunità musulmane. I dati presentati dal report suggeriscono che gli Stati in cui il numero degli arrivi è stato più alto sono gli stessi in cui sono stati registrati più incidenti razzisti e xenofobi, che hanno richiesto l’attenzione e l’intervento delle forze dell’ordine, dei sistemi di giustizia penale e politici.
L’Agenzia sostiene che gli Stati membri dovrebbero garantire che tutti i casi di presunti crimini d’odio o di discorsi di odio siano effettivamente indagati, perseguiti e processati in conformità con le disposizioni nazionali applicabili, con le disposizioni della Decisione quadro sul razzismo e la xenofobia, con gli obblighi europei ed internazionali sui diritti umani nonché con la giurisprudenza della Corte europea. I dati del 2015 mostrano che i rimedi disponibili non sono sufficienti nella pratica e che le sanzioni nei casi di crimini di discriminazione e di odio sono spesso troppo deboli e quindi poco efficaci e dissuasive. Inoltre, in pochi Stati membri esistono organismi per la parità competenti per il rilascio delle sanzioni e raccomandazioni nei casi di discriminazione etnica.
Discriminazioni: L’Unione europea è dotata di una solida base giuridica da cui partire per contrastare le discriminazioni. Ma mentre le direttive sull’uguaglianza di genere e razziale offrono una protezione completa contro discriminazione basate sul sesso e sull’origine etnica, atteggiamenti discriminatori per motivi religiosi, convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale sono invece vietati solo nelle aree di lavoro e della formazione professionale, ai sensi della direttiva sulla parità in ambito lavorativo. Il report della Fra ricorda che nel 2015 siamo entrati nel settimo anno di negoziati relativi alla proposta di direttiva del Consiglio dell’Unione europea per l’applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone, indipendentemente dalla religione e dalle convinzioni personali, dalla disabilità, dall’età o dall’orientamento sessuale (la direttiva sulla parità di trattamento). Alla fine del 2015, ancora non era stata raggiunta la necessaria unanimità in seno al Consiglio per adottare la direttiva. Inoltre le istituzioni europee hanno mostrato preoccupazione nel corso dell’anno per le conseguenze sociali dell’invecchiamento della popolazione. Specifiche raccomandazioni sono state adottate per gli Stati membri, relativamente alla disoccupazione giovanile e alla partecipazione degli anziani al mercato del lavoro.
Per promuovere l’inclusione sociale, l’Agenzia suggerisce di adottare senza ulteriori ritardi la direttiva sulla parità di trattamento e di prendere esplicitamente in considerazione i diritti fondamentali di non discriminazione nel momento in cui formula raccomandazioni specifiche per i Paesi Ue, così da poter garantire il diritto alla non discriminazione sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue.
Privacy: Basandosi su una richiesta di analisi da parte del Parlamento europeo, il rapporto della Fra rileva che alcuni Stati membri nel 2015 hanno intrapreso processi di riforma del quadro giuridico relativo all’intelligence, potenziando i servizi di sicurezza con maggiori poteri e capacità tecnologiche. Dietro queste riforme, volte anche a combattere più efficacemente la minaccia del terrorismo, si annida il pericolo di un aumento dei poteri intrusivi di questi servizi, che possono ledere i diritti fondamentali in materia di privacy e protezione dei dati personali, garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, dalla Convenzione europea per la diritti dell’uomo, dal Patto internazionale sui diritti civili e politici e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani.
Per affrontare queste sfide legate alla protezione dei dati personali, secondo la Fra è necessario che i Paesi dell’Ue sanciscano i relativi diritti fondamentali all’interno della legislazione nazionale, tramite norme chiare e accessibili che affermino adeguate garanzie contro gli abusi e che stabiliscano una efficace supervisione da parte di organismi di controllo indipendenti ed efficaci meccanismi di ricorso. Gli Stati dovrebbero quindi garantire alle autorità indipendenti per la protezione dei dati adeguate risorse finanziarie, tecniche e umane.
Povertà infantile: Il rapporto dell’Agenzia evidenzia che a cinque anni dalla scadenza della strategia Ue 2020 per ridurre la povertà quella infantile continua a ristagnare allo stesso livello del 2010. I bambini continuano a rappresentare la categoria più a rischio di povertà, insieme ai pericoli legati all’essere parte di una minoranza etnica, disabili, orfani o in famiglie monoparentali. Inoltre il report sottolinea che oggigiorno internet e i social media sono sempre più parte integrante della vita dei bambini. E se la rivoluzione digitale porta con sé svariate opportunità, ci sono anche molti rischi relativi agli abusi sessuali, alla proliferazioni di immagini oscene, alle espressioni di odio on-line e al bullismo. Alla fine del 2015 si è raggiunto il consenso politico necessario per il regolamento Ue sulla protezione dei dati, il quale prevede che tanto gli Stati quanto il settore privato agiscano per attuare le garanzie di tutela dei minori previste nella normativa. L’agenzia per i diritti fondamentali ricorda nel rapporto che nel 2015 sono state aperte procedure di infrazione contro sette Stati membri per quanto riguarda la direttiva contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei bambini e della pornografia infantile (2011/93/Ue).
Fra propone ai Paesi dell’Unione, per completare la recente legislazione relativa ai bambini, di sviluppare una guida per gli Stati stessi su come attuare al meglio i nuovi obblighi, focalizzando sulle situazioni in cui i minori sono più vulnerabili.