Londra – Non fanno certo un favore a David Cameron i nuovi dati sull’immigrazione nel Regno Unito, pubblicati a meno di un mese dal referendum sulla Brexit: le cifre mostrano che il saldo netto dell’immigrazione nel Paese ha raggiunto un nuovo picco, passando da 175mila unità nel marzo 2012 a 330 mila nel dicembre 2015. Un dato che non aiuta certo la campagna per la permanenza nell’Ue visto che tra gi argomenti dei pro-Brexit c’è proprio la necessità di fermare l’eccessiva immigrazione dagli altri Paesi europei.
Secondo i dati diffusi dall’Ufficio nazionale di statistica, quello di dicembre 2015 è il secondo dato più alto mai registrato: il record di 336mila è stato segnato nell’anno a giugno 2015. Un totale di 270mila cittadini Ue si sono trasferiti in Gran Bretagna nel 2015, seimila in più dell’anno prima, e il saldo netto tra immigrati ed emigrati da e per la Ue è salito di diecimila unità a 184mila. Di questi il 60% è arrivato con un lavoro, mentre la restante percentuale è arrivata nella speranza di trovarlo.
I sostenitori della Brexit non si sono lasciati sfuggire l’occasione di cavalcare i dati. Boris Johnson, ex sindaco di Londra, ha dichiarato: “Il sistema ha preso una brutta piega, non abbiamo il controllo sui numeri. Non possiamo controllare per quanto sono qui e non abbiamo modo di espellere quelli che abusano della nostra ospitalità”. Secondo Johnson, un simile livello di immigrazione “mette sotto pressione le nostre scuole, i nostri ospedali e il sistema abitativo. Inoltre è sfruttato da alcune aziende per tenere gli stipendi bassi”, ha aggiunto Johnson. Nonostante l’ufficio di statistica abbia dichiarato che le variazioni dei dati non sono statisticamente rilevanti, anche i parlamentari dello Ukip, il partito indipendentista britannico, hanno dichiarato che a causa dell’Ue, il Regno Unito è “senza frontiere”.
“I dati sono deludenti”, ha ammesso il premier, David Cameron: “Abbiamo avuto una situazione in cui per alcuni anni l’economia britannica è stata l’economia in crescita, l’econnomia che crea posti di lavoro nell’Unione europe e credo che questa sia una delle cose che stanno dietro a questi dati”, ha commentato. Ma “questa situazione sta cominciando a cambiare perché le altre economie europee stanno cominciando a crescere”.