Bruxelles – Quando Marine Le Pen e il braccio destro di Matteo Salvini ti invitano ad una conferenza stampa per lanciare proposte su migranti e hotspot, il minimo che ti aspetti è qualche nuova provocazione. Magari irrealizzabile, ma per lo meno abbastanza innovativa e accattivante da guadagnarsi qualche titolo di giornale. E invece quello messo in scena oggi al Parlamento europeo dalla leader del Front National francese e dall’eurodeputato leghista Lorenzo Fontana è stata un incontro tanto noioso quanto inconsistente. Frasi trite e ritrite, nessun fuoco d’artificio, ma soprattutto nemmeno uno straccio di idea. “Questa crisi è drammatica, la realtà è terribile e la situazione è lontana dall’avere trovato anche solo l’inizio di una soluzione”, parte carica Le Pen. “Lo stato greco non ha assolutamente i mezzi per gestire questa crisi”, l’Ue si preoccupa di “gestire l’emergenza ma non di trovare soluzioni a lungo termine” e i migranti “finiscono nelle mani di criminali senza scrupoli che traggono fortune da traffici abominevoli”, continua. E allora, che fare?
Su questo punto, la nazionalista francese perde tutto il suo brio: “Bisogna che i Paesi del Medio Oriente facciano la propria parte e finanzino campi rifugiati sul posto”, scarica la responsabilità. “Questi campi costeranno meno cari e permetteranno alle persone di restare nel loro Paese, o accanto, perché i popoli sono attaccati alle loro terre”, sostiene Le Pen. Peccato che Paesi come Turchia, Libano o Giordania, con risorse economiche ben più scarse di quelle europee, accolgano già migliaia di migranti e che appena pochi mesi fa, quando l’Unione europea decise di versare tre miliardi di euro a Erdogan per finanziare i campi profughi che ospitano i profughi siriani, la stessa leader del Front National abbia gridato allo scandalo definendo l’accordo una “catastrofe”. Altre proposte? “I dirigenti del mondo deovono prendersi la loro responsabilità e trovare i mezzi di stabilizzare i Paesi che sono stati gettati nel caos da un interventismo inopportuno”. Insomma riportare l’ordine in Siria o Libia. Una parola.
Il leghista Lorenzo Fontana a fare proposte, neanche ci prova. Meglio ripetere lo stanco adagio secondo cui “i migranti economici non possono fermarsi sul nostro territorio” e lamentare che in Italia, lo scorso anno solo 4mila persone sono state rimpatriate, nonostante al 75% dei 153mila giunti sulle nostre coste non sia stato riconosciuto lo status di rifugiato. “L’immigrazione? È solo un grande business, altroché motivi umanitari. Poi ci sono anche motivi politici e la scusa del calo demografico: vogliono un’Europa con gli immigrati anziché con i giovani europei”, riduce tutto Fontana.
Le argomentazioni più ragionevoli del gruppo euroscettico arrivano forse dall’Austriaco del Fpo. Harald Vilimsky, secondo cui “bisogna concentrarsi sulla regione di provenienza dei migranti e mettere a disposizione infrastrutture in loco anche per dare assistenza medica a queste persone, dare loro ciò di cui hanno bisogno per aiutarli a ricostruire i loro Paesi”. Se parliamo di Siria il progetto sembra lontano dall’essere realizzabile, ma se ci si riferisce ai Paesi africani da cui parte la maggioranza dei migranti economici non siamo distanti dal concetto chiave del Migration Compact di Matteo Renzi.
“Dunque a Le Pen e soci piace il progetto del premier italiano?”, azzarda qualcuno. “Renzi come tutti i dirigenti europei vuole solo dividere le colpe, tutte queste sono cattive decisioni”, risponde vaghissima la leader del Front National e l’impressione è che non abbia la più vaga idea di cosa sia il Migration Compact. Piuttosto che approfondire, meglio ripetere frasi ad effetto: “Sull’immigrazione ormai siamo al ‘si salvi chi può’ nei Paesi europei”, spara Le Pen. Peccato che gli slogan non bastino a risolvere la crisi dei migranti.