Bruxelles – Per affrontare la crisi dei migranti “l’Ue ha bisogno del sostegno e della solidarietà del G7 e dei suoi partner”, “ bisogna fare di più, serve un grande lavoro”, perché “la situazione migranti in Europa è migliorata con la chiusura della rotta balcanica ma la rotta mediterranea resta attiva e i dati degli degli ultimi giorni non sono incoraggianti sugli arrivi da nord Africa e Libia verso l’Italia”. È il messaggio lanciato dal presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, dal G7 in Giappone. I grandi della Terra si sono ritrovati nella penisola di Ise-Shima, per discutere di vari temi tra cui la mancanza di crescita economica e dell’emergenza immigrazione. Tusk ha affermato di sapere che sui rifugiati siriani “per questioni geografiche la maggior responsabilità è, e continua ad essere dell’Europa”, ma “vorremmo anche che la comunità globale mostrasse solidarietà e riconoscesse il fatto che si tratta di una crisi globale”. Per questo Tusk ha chiesto di aumentare l’assistenza finanziaria, si da parte degli Stati che incoraggiando gli istituti finanziari, a Paesi come Turchia, Libano e Giordania che stanno ospitando la gran parte dei rifugiati siriani, ma anche di mettere in campo schemi di ricollocamento dei rifugiati, per dividere così gli oneri dell’accoglienza.
Sul tema immigrazione è intervenuto anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi. “Vorrei che ci fosse posto, al tavolo dei potenti, anche e soprattutto per chi non ha voce: vorrei che ci fosse posto, al tavolo dei potenti, per gli occhi dei bambini di Idomeni che campeggiano in tutte le prime pagine dei giornali internazionali di oggi”, ha scritto nella sua e-news il capo del governo. “La minaccia per le nostre città – ha aggiunto Renzi – spesso viene dalle periferie dell’estremismo e del radicalismo, non dai migranti di Idomeni o di Lampedusa”.
Il presidente del Consiglio ha spiegato che “questo è un tempo in cui in tutto il mondo è molto facile alzarsi e fare polemiche. Ma lanciare proposte concrete, alternative, non sempre è facile. Noi stiamo tentando questa seconda strada: non giocare a chi grida più forte, alimentando le tensioni, ma proporre idee concrete. Per questo insistiamo su una strategia per l’Africa e con l’Africa, con il così detto Migration Compact”.