Roma – “Noi applichiamo in maniera rigorosa il principio del ‘non respingimento’ e quindi i migranti non verranno riportati in Libia”, neppure quando la missione europea nel Mediterraneo passerà alla fase operativa che prevede l’intervento in acque territoriali del Paese nord africano. Lo assicura in una intervista a Repubblica l’ammiraglio Enrico Credendino, capo dell’operazione Sofia messa in piedi dall’Ue, la scorsa estate, per contrastare le organizzazioni di scafisti.
I ministri degli Esteri europei, riuniti in Consiglio l’altro ieri, hanno già dato il via libera all’intervento in acque territoriali libiche, anche se bisognerà attendere un’autorizzazione dell’Onu, su richiesta del governo di Fayez al Serraj, perché la decisione prenda effettivamente corpo. Nel frattempo l’Ue collaborerà alla formazione della guardia costiera in Libia.
Per l’addestramento si attende solo il piano operativo, che dovrebbe essere messo a punto a giorni. “Quando arriverà l’ordine definitivo da Bruxelles”, garantisce Credendino, “potremo muoverci in tempi brevi: in tre-quattro mesi i libici saranno in grado di agire autonomamente”. Poi, secondo l’ammiraglio, si potrà passare alla fase successiva dell’operazione Eunavfor Med, e cioè l’intervento nelle acque territoriali coordinato con la nuova guardia costiera. Sempre che nel frattempo arrivi la legittimazione delle Nazioni unite.
Per contrastare il fenomeno dei flussi irregolari, “La soluzione non potrà che essere un accordo a lungo termine tra l’Ue e la Libia”, indica l’alto ufficiale di marina – perorando di fatto la proposta italiana del migration compact, che prevede appunto la stipula di intese sui rimpatri con i Paesi di origine e transito dei migranti –, “ma prima è necessario che il Paese torni alla stabilità”. Un percorso avviato con la formazione del governo di conciliazione nazionale, ma che rimane tuttavia fragile.
Sul rischio di un aumento del flusso migratorio nel Mediterraneo centrale, ora che le condizioni climatiche vanno migliorando, Credendino non fa allarmismo. Conferma, come da giorni fa il governo Italiano, che “i dati finora non segnalano un incremento rispetto al 2015”. Tuttavia, precisa, “sappiamo che in Libia ci sono 150mila migranti in attesa di partire. Per il resto, si tratta di 200mila rifugiati che vivono lì da anni, e 400mila libici che hanno lasciato le case per la guerra civile”. Ma “se la situazione non precipiterà”, tranquillizza l’ammiraglio, “è difficile che si mettano in viaggio verso l’Europa”.