Londra – Mancano esattamente 30 giorni al voto su Brexit, il referendum sull’uscita, o meno, del Regno Unito dall’Unione Europea, l’aria che tira è sempre più tesa e George Osborne, cancelliere dello scacchiere britannico, e David Cameron, primo ministro, scrivono una lunga lettera sul quotidiano Daily Telegraph dichiarando che un voto a favore dell’uscita equivarrebbe ad una recessione “fai da te”. Anche il commissario europeo britannico Lord Jonathan Hill oggi per la prima volta pronuncia a Londra un forte discorso contro la Brexit.
Rivolgendosi direttamente ai cittadini britannici, i due membri del partito conservatore, hanno dichiarato che “lasciare il più grande mercato unico al mondo ci renderebbe permanentemente più poveri” e porterebbe il Regno Unito ad una recessione senza precedenti.
Pur ribadendo il fatto di voler tenere fuori l’Uk dall’Euro e dal trattato di Schengen, in quanto molti cittadini sono piuttosto scettici nei confronti dell’Ue, il messaggio che si è voluto far passare è soprattutto economico e politico.
La lettera è motivata da uno studio del Ministero del Tesoro britannico, i cui risultati mostrano uno scenario apocalittico nel caso di un’uscita dall’Unione Europea. Secondo lo studio, entro il 2030 i lavoratori perderebbe la media di 4,300 Sterline l’anno, migliaia di posti di lavoro andrebbero persi e il Pil scenderebbe del 3,6% nel migliore dei casi e del 6% nel peggiore.
Anche il commissario europeo britannico, Lord Jonathan Hill, in un discorso oggi alla London School of Economics and political sciences (Lse) ha sostenuto che “i benefici della partecipazione all’Unione e al Mercato interno sono stati importanti per il business e l’economia britannici. Nell’Ue, il maggior mercato di sbocco per la Gran Bretagna, le esportazioni e i servizi finanziari sono fiorenti e se il Regno unito resterà lo faranno ancora di più e meglio”. AL contrario, avverte Hill, se i britannici decideranno di lasciare, “è certo che ci saranno barriere al commercio e che l’economia britannica, la sua crescita e la sua occupazione ne saranno danneggiati”.
Per vedere le ripercussioni non basteranno certo mesi, in caso di uscita, ha ricordato Cameron, andrebbero rinegoziati gli accordi con uno ad uno dei 27 paesi dell’Ue e sarà molto probabile che “ci ritroveremo come Svizzera e Norvegia che devono accettare la libertà di movimento per le merci e contribuire al budget Ue per poter accedere al mercato libero”.
Proprio il venire esclusi dal mercato libero europeo avrebbe come ulteriore conseguenza quella di “dover negoziare accordi con altri 50 paesi che al momento hanno accordi di libero scambio con l’Unione Europea”. I negoziati potrebbero durare anni, lasciando il Regno Unito in una costante incertezza economica.
“Le previsione economiche ci dicono che cresceremo [Gran Bretagna] più di ogni paese del G7, abbiamo le tasse più competitive per le aziende e il tasso di occupazione non è mai stato così alto” hanno ricordato i due esponenti dei Tories, “uscire è un prezzo che non vale la pena pagare”.
La lettera porterà sicuramente a delle reazioni, in particolare da parte dei volontari della campagna “Leave”, che hanno accusato diverse volte Cameron per i suoi toni catastrofici e la stampa di imparzialità.
Intanto, a smentire i “Leavers” arriva uno studio del Reuters Institute For The Study of Journalism, che mette in luce come il 45% degli articoli sul tema Brexit siano a favore dell’uscita, mentre solo il 27% siano a contrari.