Roma – La crisi economica dalla quale l’Europa sta uscendo, ancora troppo lentamente, è nata quando “la finanza ha tentato di vincere l’oscar per il miglior protagonista”, dimenticando che invece “deve essere uno strumento per l’economia e non il fine”. Parole che suonano quasi come un ‘mea culpa’, se si considera che a pronunciarle, ieri a Roma, è stato Victor Massiah, consigliere delegato di Ubi Banca, intervenendo al convegno ‘La ripresa, e se toccasse a noi?’. Un’occasione di dialogo in cui l’economista Mario Deaglio, curatore del volume che ha dato il nome all’incontro, ha illustrato alcuni aspetti emersi dal XX Rapporto sull’Economia globale e l’Italia, in vista della XXI edizione che il Centro Einaudi sta già preparando.
In realtà, Massiah ha fatto autocritica più per conto della categoria che dell’istituto che rappresenta, il quale “ha sempre continuato a svolgere il suo ruolo al fianco delle imprese”, ha precisato il banchiere, abbracciando l’idea di una finanza che “dovrebbe essere quasi invisibile” mentre opera a sostegno dell’economia.
Economia che mostra segnali di ripresa in Italia. Un andamento positivo tuttavia ancora incerto, di fronte al quale, ha indicato Deaglio, ci si chiede “se sia un effetto di ‘rimbalzo’ dopo un lungo periodo di contrazione della domanda”, oppure se si possa parlare di un effettivo ritorno alla “crescita stabile”. Il professore è apparso ottimista, ma per trasformare il rimbalzo in crescita “è necessario che la domanda interna aumenti del 2-2,5% all’anno” nel nostro Paese. In questo modo, anche in presenza di una “probabile contrazione delle esportazioni”, il Pil crescerebbe a un ritmo tra l’1,5% e il 2% annuo, con un parallelo aumento di posti di lavoro attorno alle 150-200 mila unità.
Tra le ricette da seguire, Deaglio include l’utilizzo ottimale dei fondi strutturali europei. Esigenza avvertita soprattutto nel Meridione, la cui arretratezza ritiene essere una zavorra per l’intero Paese. “Senza il Sud, l’economia italiana sarebbe in linea con quella dei Paesi dell’Europa centrale”, segnala il docente dell’Università di Torino, indicando la necessità di un utilizzo “efficiente” dei fondi Ue, i quali “spesso vengono invece usati con metodi che servono ad alimentare la clientela” politica.
Un altro ingrediente per garantire una crescita costante all’economia del nostro Paese – ma anche a quella europea – lo ha indicato Fabio Vaccarono, managing director di Google Italia: bisogna puntare sul digitale. “Ogni business, se non lo è già, può diventare potenzialmente un internet business”, ha indicato il rappresentante del colosso di Mountain View.
Le opportunità sono enormi. “Circa 1,5 milioni di posizioni lavorative in Europa di qui al 2020”, ha quantificato Vaccarono citando uno studio della Commissione europea. Posizioni che però “non riusciremo a ricoprire con personale europeo perché mancano le competenze necessarie”. Di qui l’invito di Vaccarono, soprattutto all’Italia, a puntare sulla formazione delle nuove professionalità. Perché “è vero che il nostro Paese è un nano” rispetto a quelli più avanzati, sostiene il manager, “ma può salire sulle spalle del gigante”.